RIDLEY SCOTT DIRIGE NEL 1982 BLADE RUNNER, ANCORA OGGI CINEMATOGRAFICA PUNTA DI DIAMANTE DEL GENERE FANTASCIENTIFICO
Los Angeles, anno 2019. Grazie all’avanzare della tecnologia l’umanità ha creato dei modelli simili agli esseri umani chiamati replicanti. Questi androidi organici sono superiori all’uomo per forza fisica, agilità e capacità intellettiva, ma con una longevità limitata a pochi anni di vita nella quale vengono utilizzati come schiavi fino al loro “spegnimento”. Roy Batty (Rutdger Hauer) è un nuovo modello di replicante che insieme ad altri cinque della sua specie riesce ad evadere dalle colonie extramondo per recarsi a Los Angeles, dove cerca di entrare alla Tyrell Corporation, la fabbrica che li ha prodotti. L’obiettivo è cercare di posticipare la loro predestinata dipartita, ma il piano fallisce e due di loro vengono catturati, mentre i rimanenti riescono a fuggire.
Il rischio elevato dell’accaduto porta al ritorno forzato in servizio del poliziotto Rick Deckard (Harrison Ford), ex agente dell’unità speciale Blade Runner. La missione è di ritirare i quattro evasi ancora a piede libero. Questo porterà il protagonista a indagare in ogni luogo, fin dentro i meandri più oscuri della sua mente. Così il sogno utopistico di Roy si sbriciolerà insieme alla fine dei suoi compagni di rivolta, fino ad arrivare ad un confronto scontro fra l’eroe e l’antieroe.
Dopo l’esperienza spaziale di Alien Ridley Scott torna dietro la cinepresa, ma stavolta sulla terra, con Blade Runner ottima pellicola di fantascienza dai toni noir datato 1982.
Tratto da un racconto di Philip K. Dick questo film è stato continua evoluzione fino a pochi anni fa e di conseguenza riproposto in molte edizioni. Le più celebri e ricordate sono la International Cut del 1982, la Director’s Cut del 1992 e la definitiva Final Cut del 2007.
Questo continuo riadattamento della pellicola fa capire l’enorme lavoro corale e l’inesauribile desiderio di migliorare un prodotto praticamente perfetto già dalla sua prima narrazione.
La miscela tra fantascienza e realtà funziona magnificamente, le ambientazioni Cyberpunk vanno in disaccordo con lo stile Hardboiled ed è questo che rende Blade Runner unico nel suo genere. Per il regista questa è la visione leopardiana di un universo alla deriva, dove l’umanità ha pagato dazio all’inevitabile processo di evoluzione della specie. Il cineasta ha voluto mutare la natura cartacea dei replicanti di Dick, che venivano descritti freddi e calcolatori, rendendoli empatici e donando così un po’ di luce a questa ombra pessimistica. Da qui emerge il tema più significativo del lungometraggio. La differenza tra natura umana e umanità, il dilemma su chi sia la preda e chi il predatore. In questo la figura dell’antagonista può essere facilmente paragonata ad un moderno Frankenstein, e si fa fatica a capire chi sia il vero mostro.
Tornando ai nostri tempi rimane la percezione che Scott, nel corso degli anni, abbia voluto depistare lo spettatore mettendolo continuamente alla prova attraverso varie versioni della pellicola e aggiungendo volta per volta un tassello all’interno di questo mosaico cinematografico che, nonostante i suoi quasi 32 anni di vita, è ancora ad oggi la punta di diamante di un intero genere.