Blockbusters memories: Il Corvo

IL CORVO, IL FILM CHE HA RESO BRANDON LEE UN’ICONA IMMORTALE

Eric e Shelly sono due giovani fidanzati decisi a pronunciare il fatidico sì. Durante la notte di Halloween, la famigerata Notte del Diavolo, quattro criminali (T-Bird, Skank, Funboy e Tin Tin) con il pretesto di uno sfratto irrompono nel loro appartamento e uccidono Eric gettandolo dalla finestra. Shelly, dopo essere stata ripetutamente violentata e percossa, muore in ospedale a seguito di una lunga agonia. Un anno dopo la tragedia un corvo picchietta, come il ticchettio di un orologio, la lapide del defunto ragazzo riportandolo alla vita. Il corvo. Confuso e al limite della follia il protagonista capirà che la vendetta è l’unico modo per attenuare il dolore e dare pace alla propria anima. Uno dopo l’altro gli assalitori moriranno tutti in modo brutale, lasciando per ultimo il boss Top Dollar, mandante dell’omicidio della coppia.

L’amor che move il sole e l’altre stelle: innumerevoli sceneggiatori hanno cercato di creare una storia d’amore attingendo da questa frase di dantesca memoria anche se, nella maggior parte dei casi, sono in pochi ad aver  reso giustizia al Genio del Sommo Poeta. Questa Opera feroce, nonostante la semplicistica visione degli sceneggiatori Schow e Shirley a dispetto del fumetto, riesce a rendere comunque l’intensità di un racconto dove l’amore alimenta le speranze e il desiderio di vendetta, mantenendo il lato umano dell’eroe. Un treno di sola andata senza fermate né limiti di velocità.

Nella storia si nota una forte scissione fra i personaggi principali: i buoni vengono idealizzati come voci senza fiato, martiri o consapevoli vittime di un sistema corrotto mentre i cattivi rappresentano la causa di un’insana e voluta violenza che raggiunge l’apice nella sopra citata Notte del Diavolo, dove il caos regna attraverso un inferno di fuoco. Al centro ruota la figura di Eric Draven, musicista rock e al contempo ragazzo della porta accanto pronto al matrimonio, trasformato in una figura instabile straziata dal dolore, che perde la sua neutralità agli interminabili ricordi della sua defunta amata.

Tecnicamente, stilisticamente e scenograficamente inattaccabile, questa storia dalle forti tinte gotiche spicca grazie ad un’incessante pioggia che ricopre un’oscura città in stile burtoniano, accompagnata  da una colonna sonora adeguata ai toni. Tale assetto, insieme all’incessante gracchiare del corvo chiaramente ispirato a Edgar Allan Poe, dà vita una pellicola ricca di alte citazioni.

Ambire al titolo di Cult non è cosa facile ma Alex Proyas  è riuscito in questo dirigendo un lungometraggio che, a differenza di altri, si è guadagnata il proprio posto nell’Olimpo del culto cinematografico non solo grazie all’ottima trasposizione del fumetto di James O’Barr, ma anche per lo sfortunato evento che portò alla  prematura morte del protagonista Brandon Lee (Eric Draven) a tre giorni dall’ultimo ciak. Questo ha creato un conseguenziale aumento del budget, ripagato pienamente dal buon riscontro ricevuto al box-office e facendo sì che la figura di Lee divenisse immortale, incastonandosi a vita in quella del Corvo.

Oggi l’aridità e l’avidità dei produttori Holliwoodiani rischia di corrompere, dopo tante, anche questa piccola icona dark del 1994 con un remake inutile come gli altri film che hanno voluto fare da sequel alla storia di Eric. Non resta, quindi, che incrociare le dita, guardare in alto e pensare che non può piovere per sempre.

 

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