The Grand Budapest Hotel: recensione film

WES ANDERSON DIPINGE CON I SUOI CALEIDOSCOPICI COLORI UN NOIR FRAGILE NELLA SCRITTURA AMBIENTATO AL FANTOMATICO THE GRAND BUDAPEST HOTEL

The Grand Budapest HolelGENERE: noir

DATA DI USCITA: 10 aprile

DURATA: 100′

VOTO: 3 su 5

Ancora una volta è un caleidoscopio di colori a fare da protagonista nel nuovo lungometraggio di Wes Anderson in cui è il genere noir ad aver ispirato il cineasta attraverso il manoscritto di Stefan Zweig Il mondo di ieri.

Gustave è un concierge del Budapest Hotel albergo collocato nell’immaginaria Zubrowka. Latin lover agli occhi delle signore attempate ad un certo punto l’uomo riceve una cospicua eredità da Madame D. il cui figlio accusa Gustave di essere colpevole dell’assassinio della madre facendolo finire in carcere. L’amicizia con Zero, il ragazzo lobby dell’hotel, sarà fondamentale per superare la situazione.

Con il suo stile riconoscibile anche solo da poche inquadrature e una precisione registica distintiva, Anderson pone al centro della scena Ralph Fiennes circondando il protagonista da un cast d’eccezione che è composto tra gli altri da Bill Murray, Willem Dafoe, Tilda Swinton,  Edward Norton, Saoirse Ronan, Jeff Goldblum, Ralph Fiennes e il giovane protagonista Tony Revolori nei panni di Zero nomi altisonanti che nella maggior parte dei casi sfiniscono la loro arte in una mera comparsata.

Grande pecca della pellicola, nonostante sia apprezzabile l’omaggio allo scrittore che forte di una forte indole pacifista si vide bruciare nel 1933 i suoi manoscritti dai nazisti, è il tentativo mal riuscito di strafare che se finora in I Tenenbaum come in Moonrise Kingdom ha premiato il cineasta, con The grand Budapest Hotel rende confusionaria la narrazione.

Apprezzabile resta comunque, in questo marasma di azioni a volte poco funzionali, la figura di Zero metafora della diversità che è poi divenuta in tempi non sospetti inetto movente di irrazionali stermini.

Dopo una sequela di capolavori da Anderson, omonimo favoliere del grande schermo, forse ci si aspettava qualcosa  di più ma il cineasta dalla sua parte ha comunque la capacità di rendere personale ogni storia E anche questa, tanto dispersiva da non risultare del tutto riuscita.

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