COME È NATO FRANKESTEIN JUNIOR IL CAPOLAVORO DI MEL BROOKS
Alcuni film per vedere la luce devono affrontare mille peripezie, modifiche, tagli e imposizioni. Altri, per una fortunata serie di coincidenze che potrebbero far pensare al destino, trovano la loro strada verso il successo con una naturalezza e una facilità sconcertanti. Nella sua autobiografia, Kiss me like a stranger, Gene Wilder racconta come il suo film più celebre sia nato proprio così: pezzo dopo pezzo, facile da assemblare come il famigerato mostro.
Il soggetto nasce in un pomeriggio, durante le vacanze pasquali del 1973. Gene Wilder si chiude in camera con una penna e un blocco di fogli gialli, scarabocchiando di getto in cima alla prima pagina il titolo Young Frankenstein. Nel giro di due ore prende vita il nipote del famigerato dottore, convocato nel castello in Transilvania per ereditare le proprietà della famiglia Frankenstein. La sera stessa Wilder telefona a Mel Brooks e gli racconta la sua idea. Il regista limita a commentare “Bella, proprio bella”. E non aggiunge altro.
Passa qualche mese, e una sera d’estate Wilder si ritrova a guardare in televisione la replica di un divertente show intitolato The Marty Feldman Comedy Machine. Rimane particolarmente colpito dalla verve comica di “quell’uomo buffo con quegli occhi strani” e il suo nome gli rimane impresso nella mente. Per questo lo riconosce subito, una settimana dopo, quando il suo agente gli chiede se gli piacerebbe fare un film con Peter Boyle e Marty Feldman. Una bella proposta per la sceneggiatura ce l’avrebbe, ma deve lavorarci un po’ su.
Per far leggere qualcosa di concreto scrive una scena ambientata alla stazione ferroviaria e incentrata sull’incontro inaugurale tra Frederick Frankenstein e il fedele assistente Igor. La prima stesura è talmente convincente che non verrà più modificata. A questo punto manca solo un regista: Mel Brooks si lascia convincere in ventiquattro ore e la sceneggiatura viene ufficialmente affidata a Gene Wilder.
La prima metà del film si scrive praticamente da sola. Per il ruolo dell’inquietante governante del castello Wilder sceglie l’attrice che da bambino l’aveva terrorizzato nel ruolo di Mrs. Danvers in Rebecca – La prima moglie di Hitchcock: Judith Anderson. Per trovarle il nome adatto sfoglia l’epistolario di Sigmund Freud sinchè un certo signor Blucher non attira la sua attenzione. Conquistato dal suono, battezza la nemesi dei cavalli di tutta la Transilvania.
Madeline Khan invece ottiene il ruolo della fidanzata di Frederick Frankenstein grazie a Lili Von Shtupp, il suo personaggio in Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco. Vedendola cantare il suo numero nel saloon Wilder e Brooks concordano subito che l’attrice sarebbe perfetta e la scritturano. Nel frattempo la bozza della seconda metà del film è già stata ultimata e non resta che definire i dettagli.
Sceneggiatore e regista si incontrano ogni sera per lavorare al film, bevono caffè e discutono animatamente. Gene Wilder arriva ad alzare la voce in una sola occasione, per salvare la scena in cui dottore e mostro ballano a ritmo di “Putting on the Ritz”. Brooks pensa che la musica sia troppo frivola, ma quando vede passare il colorito di Wilder dal rosso acceso al blu si ricrede e accetta la proposta.
Il film viene finanziato dalla 20th Century Fox con tre milioni di dollari e si dà inizio alle riprese. L’alchimia tra regista e cast è perfetta, tutti godono della massima libertà e le risate, dentro e fuori dal set, si sprecano: tra le geniali improvvisazioni di Marty Feldman e le idee brillanti di Mel Brooks nascono scene e battute memorabili come “segua i miei passi”. Frankenstein Junior non diventa soltanto una pietra miliare del cinema comico, ma anche la più divertente esperienza nella carriera di un gruppo di grandi artisti.