HOLLYWOOD A PORTATA DEL CINEMA ITALIANO
Terremoto ad Hollywood, ma in senso figurato. Quello vero, di magnitudo 4.7, è stato avvertito pochi giorni fa in maniera poderosa nella Città degli Angeli, quasi un monito di quello che sta accadendo di questi tempi nell’Industria del cinema più potente del mondo. Los Angeles ha fatto appena in tempo ad archiviare la cerimonia degli Oscar che le notizie svelate dagli economisti delle grandi major ha fatto immediatamente rabbrividire tutto l’ambiente: diminuzione totale della produzione dei film in California.
Ovvero, il set per eccellenza, almeno per quanto riguarda interni e Studios è in crisi nera. Ma il problema non sono solo gli investimenti nel cinema e sul cinema, calati dell’11% nell’ultima decade, ma un generale crollo dell’interesse da parte degli investitori stranieri, è questo il paradosso: il luogo sacro del cinema mondiale attira sempre meno. In questo contesto e con altre realtà americane pronte ad ospitare le produzioni a caccia di sconti, l’assalto alla frontiera del new cinema è ufficialmente aperta.
L’Italia naturalmente non sta a guardare e, sulla scia potente del Sorrentino da esportazione, ha messo in moto una serie di co-produzioni che guardano al panorama americano con totale disponibilità di mezzi e risorse, pur limitati che siano. L’abbattimento dei costi di realizzazione rende più facili trasferte e riprese in esterna, così che l’America, agli occhi dell’investitore tricolore sembra decisamente più raggiungibile e minuta.
Ma non solo, alcune realtà italiane si sono mosse per dare eco e risalto ai proprio lavori anche in ottica europea e internazionale in senso più ampio, quindi attuando una rivoluzione in outsourcing finora legata solo a grandi progetti transnazionali. Un esempio su tutti? Indiana Film che insieme a Rai Cinema (in appoggio come macro realtà operativa) hanno firmato per la distribuzione di un loro film diretto da Paolo Virzì, Il capitale umano, preso anche al Tribeca, che approderà in numerosi paesi come Israele, Turchia, Brasile, Hong Kong, oltre ad Australia e Nuova Zelanda.
Visto che la qualità, come dovrebbe accadere sempre, paga e bene, sia mai che per rilanciare l’insegna sul Laurel Canyon non vogliano farne un remake di questa pellicola. Gli americani lo sappiamo sono bravissimi a riproporre il meglio, specialmente quando si tratta di storie scritte e inventate da altri. Sarebbe un interessante esperimento di rilancio industriale con l’Italia a capo dell’iniziativa. Forse sogniamo, forse no…
S.B.