BART LAYTON DIRIGE L’IMPOSTORE – THE IMPOSTER, UN DOCU-THRILLER TANTO ASSURDO QUANTO INCREDIBILMENTE REALE
L’impostore è, letteralmente, colui che si spaccia per qualcun altro, ingannando gli altri, dicendo menzogne, recitando una parte da cui può trarne un personale vantaggio. Bisogna essere scaltri, però, per diventare un impostore, nonché intelligenti e, soprattutto, pronti a qualunque cosa. L’essere definito tale, poi, fa parte dell’antropologia storica, ne è un esempio il falso letterario, in cui il falsario, in questo caso, beneficia lucrando sull’opera che non apparterrebbe alla sua onestà intellettuale, sfidando gli studiosi e i critici in perenne combattimento contro ogni sorta di impostore.
La cosa diventa ancor più grave quando, e succede spessissimo, una persona, di punto in bianco, decide di indossare la vita di un altro individuo, prendendosi così il nome, l’aspetto e l’identità. Recita così una parte, prende in affitto la vita degli altri e giostra con gusto sulla sua sagacia, sulla sua perfida astuzia. Questa potrebbe essere la storia di Nicholas Barclay, un tredicenne del Texas rurale, scomparso nel nulla e ricomparso misteriosamente tre anni dopo il suo ultimo avvistamento. La famiglia Barclay crede nel suo ritorno, pensa fortemente che quel bambino biondo ormai cresciuto sia davvero il loro Nicholas, tornato dopo un dramma durato tre lunghissimi anni; l’apparenza che abbraccia la speranza però non è sempre sinonimo di verità, infatti, ben presto, si scopre che la vicenda del giovane scomparso si lega a quella di un ricercato, un fuggiasco che ruba le identità altrui e che ora sembra aver trovato la parte giusta da recitare.
Una storia così assurda che Bart Layton decide di girarci, per l’appunto, L’Impostore – The Imposter, un docu-thriller, un mockumentary, una pazzesca opera che si spinge giù, nell’oscurità dell’uomo; un’incredibile ragnatela, fitta e intricata, dai filamenti ambigui, in cui si rimane invischiati nel tentativo di capire cosa può esserci dietro la finzione, la menzogna spudorata, l’inganno diabolico di un uomo perversamente astuto e avveduto che sfida tutto e tutti pur di perseguire un folle piano. Il documentario, che spazia dal thriller convulso, alla messa in scena vera e propria, fino al reportage, è una di quelle operazioni che trasmettono sgomento ed incredulità allo spettatore, trattando, con incredibile spessore sintattico e narrativo, una vicenda che è tanto dissennata quanto drammaticamente reale; Layton, quindi, (ri)costruisce il profilo di un uomo che contiene, come una matriosca, altre esistenze, rubate e utilizzate, usate come abiti, spezzando, come in questo caso, la speranza – se pur ottusa – di una famiglia disperata, intrappolata anch’essa in un labirinto senza apparente uscita.