Maldamore: recensione film

Maldamore

ANGELO LONGONI TORNA A DIRIGERE PER IL GRANDE SCHERMO CON MALDAMORE, STEREOTIPATA COMMEDIA D’INFEDELI

Gmaldamore_locandinaENERE: commedia

DATA DI USCITA: 13 marzo

DURATA: 101’

VOTO: 2 su 5

Che l’amore sia a volte portatore sano di compromessi anche legati a tradimenti e grandi o piccole bugie è cosa nota a tutti tanto che non si capisce quale sia il motivo di far urlare, in maniera anche sguaiata, e recitare, con uno stile tanto fuori le righe da risultare fastidioso, questa lapalissiana verità ad alcuni dei più meritevoli attori italiani. Perché in Maldamore, ultima fatica cinematografica di Angelo Longoni cineasta rubato al piccolo schermo che sul grande ha avuto l’ultima sua grande esperienza nel 1997 con Facciamo Fiesta, è questo che accade.

Marco (Luca Zingaretti) e Veronica (Ambra Angiolini), Paolo (Alessio Boni) e Sandra (Luisa Ranieri), due coppie tra i 35 e i 40 anni. La loro vita, solo in apparenza serena, verrà sconvolta in seguito a un banale incidente. Traditori e traditi mostreranno, però, che alla base delle loro azioni non c’è cinismo, ma un’incredibile fragilità.
La sceneggiatura di Maldamore è riuscita nel non troppo difficile intento di stereotipare ogni personaggio della corale italica commedia ed ecco che l’Angelini che fino a qualche tempo fa era riuscita nell’intento di sembrare una buona attrice si ritrova nelle strette vesti dell’infedele emotiva mentre Zingaretti interpreta l’ultraquarantenne lo vediamo nelle vesti dell’infedele seriale. C’è anche però la coppia perfetta quella dove la Ranieri è una moglie innamorata che scopre nel passato di suo amore con il marito, Boni, una macchia d’infedeltà alla quale reagisce facendo il medesimo atto con molta razionalità.

Il terreno fertile per una narrazione scorrevole, piacevole e figlia di questi infedeli tempi c’era, eppure Longoni è riuscito a rendere troppo televisivo anche per un neo italiano prodotto riservato ai cinefili del sabato sera l’intero assetto della pellicola tra banalità di varia rilevanza e un’enfasi della quale non si sentiva il bisogno dato la grande dose di ironia amara di cui Maldamore è intriso fin dal titolo.
Sergio Cammariere firma una colonna sonora degna della sua bravura che viene inserita, però, in contesti in cui disturba non riuscendo né ad avere la giusta importanza né a risollevare le sorti di un lavoro, prodotto da Maria Grazia Cucinotta, troppo pieno di sbavature per poter risultare accettabile.
Il pathos, di cui Maldamore è eccessivamente pregno, non diventa altro che un mero diminutivo di patetico e l’unico male che lo spettatore sente una volta uscito dalla sala è quello di testa.

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