LA PERDITA DI UN FIGLIO IN UTERO E IL VIAGGIO CHE PORTA AL SUPERAMENTO DEL LUTTO RACCONTATO NEL TOCCANTE RETURN TO ZERO
Contro ogni logica matematica ma in virtù di molte morali e sentimentali logiche tre meno uno è uguale a zero, in alcuni casi. Zero, numero tondo che ricorda la forma di un ventre gravido, zero come il niente che sembra l’unico futuro possibile dopo la morte di un figlio. Tratto da una storia vera Return to zero è il primo lungometraggio americano che tratta, con forza e delicatezza, la storia di una coppia alle prese con la perdita del loro primogenito in utero. Scritta dai reali protagonisti del tragico dramma, Kiley e Sean Hanish, il film racconta il dolore ma anche la sopravvivenza di due genitori ai quali, proprio sul più bello, viene tolta dal destino la speranza, ormai palpabile e visibile, di essere in tre.
Return to zero è un viaggio lento e angosciante di una coppia e della comunità che li circonda, verso l’elaborazione del peggiore dei lutti. Nato proprio per sensibilizzare e cambiare il modo in cui viene vista la perdita in utero di un figlio, il lungometraggio è un lavoro indipendente e umano che vanta un cast d’eccezione formato, tra gli altri, anche da Minnie Driver, Paul Adelstein, Alfred Molina, Connie Nielsen, Kathy Baker, Andrea Anders, Sarah Jones.
Dalla lancinante perdita, passando per il senso di colpa fino ad arrivare alla consapevolezza che il domani può ancora essere pregno di nuova speranza e, soprattutto, di nuova vita, Return to zero è forte di una narrazione cruda dove il male viene mostrato d’impatto allo spettatore che non può non entrare in simbiosi con quei personaggi che, pur essendo mostrati su un grande schermo, sono pieni di un’umanità contagiosa perché vera e sempre plausibile anche nell’eccesso di disperazione. Return to zero è la storia di vite soffocate che, lentamente, cominciano a riprendere fiato ridando ordine alle cose: uno più uno può fare tre, anche dopo la più cattiva delle sottrazioni che il destino può riservare.