Fermoimmagine: The Help

ANNI 60: CON TONO DELLA COMMEDIA SI AFFRONTA CON CORAGGIO LA BATTAGLIA SULL’UGUAGLIANZA RAZZIALE NEL SUD DEGLI STATI UNITI

Tratto dal romanzo di Kathryn Stockett, il film The Help è uscito nel 2011 per la regia di Tate Taylor. Ambientata nel sud degli Stati Uniti, a Jackson, Mississipi, la pellicola affronta il tema delle ingiustizie razziali e della lotta per abolirle durante gli anni Sessanta, intrecciando le storie delle protagoniste e delineando sullo sfondo gli eventi che segnano la storia nazionale. Nella piccola comunità i movimenti per la parità dei diritti sembrano sfiorare appena la rigida impostazione sociale, presentata da un punto di vista esclusivamente femminile: da una parte le giovani signore bianche, impegnate in opere di beneficenza e in partite di bridge, capitanate dallo spirito conservatore di Hilly Holbrook, dall’altra le domestiche di colore, sottopagate per curare le case e crescere i bambini delle prime, costrette a subire umiliazioni in ogni aspetto della vita quotidiana.

Lo stato delle cose inizia a cambiare con il ritorno a casa di Eugenia Phelan, detta Skeeter, dopo la fine dell’università. Aspirante giornalista e scrittrice, per impressionare un’editrice di New York elabora come progetto un libro di interviste a cameriere di colore, per mostrare il loro punto di vista. La prima ad aderire coraggiosamente è Aibileen, che attraverso la propria testimonianza racconta come abbia allevato molti bambini bianchi, mitigando così solo in parte il dolore per la tragica morte del figlio. A seguirla nell’impresa arriva la sua migliore amica Minny, dal carattere più difficile e dal repertorio di storie molto più tragicomico.

Uno degli aspetti su cui il film insiste in maniera particolare per sottolineare l’abisso tra le vite delle protagoniste è la lingua. Molto più evidente nella versione originale che in quella doppiata, il linguaggio caratterizza ogni personaggio per tratteggiarne non solo la provenienza, ma anche le aspirazioni e la vera natura. La lingua delle cameriere di colore è marcata dagli elementi tipici del black english, mentre le “giovani signore bianche” di Jackson si distinguono per la correttezza formale e per il vocabolario, sempre appropriato e di alto livello.

Eugenia però, l’unica ad aver frequentato l’università per tutti i quattro anni previsti e aspirante giornalista, è l’unica che dimostra una vera cultura alla base. La perfida Hilly invece, che ostenta affettazione e sobrietà nel modo di esprimersi, perde tutto il suo contegno quando l’emotività la travolge e, a dispetto dei suoi accorgimenti, tradisce la propria condizione di piccola borghese degli stati del sud.

Il vero personaggio chiave del film in quest’ottica è Aibileen, che nel corso della vicenda raggiunge la piena emancipazione e abbandona il proprio ruolo: il suo percorso di crescita si esprime anche attraverso il linguaggio, con un’evoluzione lenta ma costante che, grazie alla pratica della scrittura, la porta ad impadronirsi dei mezzi per sentirsi finalmente libera di affermare il proprio mondo interiore e di esprimere se stessa.

Ad aprire e chiudere il film sono infatti due suoi monologhi fuori campo, molto diversi tra loro. Il primo la accomuna ancora al destino delle cameriere, ricolmo di tratti del black english e dettato da una profonda rassegnazione; il secondo invece afferma con una prosa semplice, ma corretta e lucida, la sua nuova determinazione e la sua libertà dalle convenzioni sociali.

 

 

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