Il Pretore: intervista al regista Giulio Base

“IN IL PRETORE L’ANALISI DELLA DEBOLEZZA ITALIANA ASSURGE A DEBOLEZZA MONDIALE”

Nel 1973 Piero Chiara pubblico Il Pretore di Cuvio e a 41 anni di distanza Giulio Base ha deciso di trasporre il romanzo dando vita al suo ultimo lavoro, Il Pretore, che vede come protagonista un bravissimo Francesco Pannofino nei panni dell’inguaribile e amorale seduttore Augusto:

Giulio, come si è accostato al romanzo di Paolo Chiara?

Ho divorato interamente l’opera di Piero Chiara in un’estate degli anni ’80 mentre mio fratello si preparava per la maturità e per la sceneggiatura mi sono ributtato nell’esegesi delle sue opere. Ho rivisto i film tratti dai suoi romanzi e ho tremato temendo di non essere all’altezza. Dall’analisi la debolezza italiana assurge a debolezza mondiale. Ho voluto rappresentare le debolezze senza giudicare i personaggi cercando di non sbordare mai da quei contorni chiari che l’autore ha segnato tra dramma e commedia.

Che legami ritrova con la società italiana di oggi?

La trama è certamente la più antica del mondo: lui, lei, l’altro. Ma emergono una serie di topoi italiani invariati come la prevaricazione, l’uso del potere per fini privati, l’abuso della propria carica per ottenere favori sessuali, le raccomandazioni. La mia descrizione però è un affresco degli anni ’30 sul Lago Maggiore con un senso di tragedia sempre pronto a incombere.

L’amministrazione della giustizia nel nostro Paese non sembra poi così diversa da ieri?

Il Vanghetta – nel film non lo diciamo – diviene pretore nel romanzo grazie ad una legge del periodo fascista che indipendentemente dalle capacità tirava nel sistema giudiziario un po’ tutti. E in questo c’è molta Italia di oggi. Siamo sempre spaventati quando dobbiamo avere a che fare con la giustizia, non ci fidiamo.

Come si può essere il più possibile fedeli al romanzo?

È un’enorme fortuna quando hai un libro e dei trattamenti come questi tra le mani, ma devi mettercela tutta per restituirne le potenzialità. Ovviamente la scrittura usufruisce di articolazioni complesse che il cinema non ha, e bisogna essere in grado di rendere le stesse immagini in un formato differente.

Si può parlare di riscatto delle donne in questo quadrilatero cinematografico?

Quella del riscatto al femminile è un’altra volontà di Piero Chiara. Da una parte Armandina votata in qualche modo a detenere il potere sugli uomini e dall’altra Evelina che con il suo tradimento compie un atto di ribellione ma anche liberatorio, fondamentale per la sua rinascita; e ciò nonostante Chiara non si riconoscesse affatto nei personaggi femminili quanto piuttosto proprio in quel Vanghetta, in cui inserisce parti di sé.

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