JOHNNY DEPP PACATO PROTAGONISTA DI TRANSCENDENCE UNO SCI-FI DALLE ALTE TEMATICHE MAL GESTITE NELLA SUA LENTA NARRAZIONE
DATA DI USCITA: 17 aprile
DURATA: 120′
VOTO: 2,5 su 5
Qualche domanda: cosa accadrebbe se a un certo punto il cervello umano potesse connettersi a internet, avere accesso a qualsiasi informazione che contiene? Come reagirebbero gli uomini? Al primo posto vi sarebbe il bene comune o il privato interesse? Sono questi alcuni dei quesiti che cercano – ma non trovano – risposta in Transcendence, opera prima del direttore della fotografia che con Inception di Christppher Nolan ha portato a casa un Oscar, Wally Pfister.
Will Caster, interpretato da un sorprendentemente moderato Johnny Depp, è il più grande esperto di Intelligenza Artificiale. Le sue continue ricerche supportate dalla moglie Evelyn (Rebecca Hall) e dal suo migliore amico Max Waters (Paul Bettany), anch’essi scienziati, lo hanno portato a inventare un sistema, il PINN (Physically Independent Neural Network). La sua fama e la poca ortodossia del suo pensiero e del suo progetto lo rendono bersaglio di una frangia terroristica auto-costituitasi sotto il nome di RIFT (Revolutionary Independence From Technology) che è pronta a tutto pur di fermare lo scienziato senza rendersi conto che così facendo Caster viene spinto a provare su se stesso il PINN. Le conseguenze sono al contempo sorprendenti e disastrose.
La tecnologia innalza l’uomo alla pari di Dio, sembra una frase forte ma in Transcendence il tema è centrale anche se raccontato con toni sommessi e con molte – troppe – pecche narrative: nel film vengono sfiorati argomenti che potrebbero toccare altissime vette tra filosofia, morale e religione ma il tutto alla fine scade in una mera storia amorosa che non poco ricorda il recente lungometraggio di Spike Jonze Her.
L’intero lungometraggio sembra inizialmente schierarsi dalla parte della Fede per poi, tra futuristiche operazioni chirurgiche e comparsate di simil zombie, cambiare direzione e mettersi dalla parte dell’umanità pura: quella che ama e allo stesso tempo disprezza l’operato dell’oggetto del suo sentimento.
Immagini impeccabili sono l’alto picco estetico di una narrazione troppo lenta e ambigua per poter creare una vera empatia tra il pubblico e i protagonisti di una storia ottima sulla carta ma mal gestita.