Truman Capote e il cinema

LO SCRITTORE AMERICANO TRUMAN CAPOTE VISTO DAGLI OCCHI DEL GRANDE SCHERMO

Truman Capote scopre la scrittura a soli undici anni e da quel momento le dedica ogni momento libero, con un amore e una dedizione che sfiorano l’ossessione. Oggi è riconosciuto come uno dei più grandi scrittori americani del Novecento e, nel corso del secolo, dalle sue opere sono stati tratti più di venti spettacoli teatrali, sceneggiati televisivi e film. In particolare, al rapporto della sua opera con il cinema si deve la nascita di intramontabili classici e capolavori contemporanei, tanto importanti per la storia cinematografica quanto i rispettivi libri per la letteratura d’oltreoceano.

La prima, celebre trasposizione sul grande schermo riguarda il racconto che segna la piena maturità dello sua prosa e la creazione del suo personaggio più amato, destinato a diventare un’icona. Colazione da Tiffany viene pubblicato nel 1958 come “romanzo breve” insieme a tre racconti. Sull’onda del successo, il film esce nelle sale solo tre anni dopo, nel 1961. A dire il vero il primo impatto dell’autore con il mondo del cinema produce parecchie scintille: la trama viene modificata per non deludere il romanticismo del pubblico e la stessa protagonista, Holly Golightly, resta fedele alla sua versione cartacea solo per i primi trenta minuti della pellicola. Inoltre Capote non avrebbe mai voluto che quest’ultima fosse interpretata da Audrey Hepburn: nella sua fantasia il ruolo era sempre stato di Marilyn Monroe, ma l’attrice rifiutò la parte per girare Gli Spostati.

In quegli anni però lo scrittore sta già lavorando al suo progetto successivo e i suoi screzi con la Paramount Pictures passano presto in secondo piano. Dal novembre del 1959 infatti, ispirato da un brevissimo articolo di giornale, Capote inizia a fare ricerche per quello che sarà il suo capolavoro, In Cold Blood. La gestazione del libro dura sei lunghi anni, ma il risultato è un’opera unica, che racconta con toni da romanzo una vicenda reale, conducendo il lettore attraverso le storie di tutti i personaggi con disarmante empatia.

Senza motivo apparente, una notte i quattro membri della famiglia Clutter vengono uccisi nella loro casa. Ognuno di loro, legato e imbavagliato, ha ricevuto un colpo mortale di fucile alla testa. Sei settimane dopo la polizia arresta i colpevoli, due ex galeotti: il loro processo si trascina per anni, per concludersi con la pena di morte. Il primo film omonimo esce nel 1967, un anno dopo la pubblicazione del libro, e il regista (nonchè sceneggiatore e produttore), Richard Brooks, ricerca un realismo assoluto, girando negli stessi luoghi in cui il delitto, il processo e l’esecuzione erano davvero avvenuti.

A raccontare invece il punto di vista di Capote durante la stesura dell’opera arrivano recentemente ben due film, usciti uno dietro l’altro: Capote (2005) e Infamous (2006). Il primo, tratto dalla biografia di Gerald Clarke, vale a Philp Seymour Hoffman il premio Oscar come Miglior Attore Protagonista e mette in risalto il lato geniale ma terribilmente narcisista dello scrittore. Il secondo, tratto dal libro di George Plimpton, si pone in un’ottica molto più svagata e sentimentale, condotto dall’interpretazione meno sottile e più sgargiante di Toby Jones.

Truman Capote però non contribuisce solo con le sue opere al mondo del cinema, ma ne prende anche parte come attore. Le sue apparizioni davanti alla macchina da presa sono rare: il suo piccolo ruolo nella commedia Invito a cena con delitto (1976) però, gli procura addirittura una nomination ai Golden Globe per il Miglior Debutto in un Film.

 

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