“NON È VERO CHE NON FACCIO COMMEDIE, IO SPERO CHE OGNI MIO LAVORO SIA LA DIVINA COMMEDIA”
La disperazione della di Hollywood, la città delle stelle, arriva in concorso al 67mo Festival di Cannes grazie a David Cronenberg che con il suo Maps to the stars attraverso toni sarcastici e anche comici descrive la parte più oscura della Los Angeles , della Los Angeles della settima arte.
Maps to the stars è un film oscuro ma anche differente rispetto al suo cinema, è un film che tocca anche una dimensione comica. Ha lavorato in modo diverso rispetto al passato?
Si, innanzitutto non è la prima volta che nel ruolo principale c’è una protagonista femminile. Era già accaduto in eXistenZ e Rabid. Sete di sangue. Per quanto riguarda la dimensione comica, penso che tutti i miei film siano divertenti. Quando mi dicono: “Perché non fai una commedia?” io rispondo “Ma io faccio commedie da sempre”. Spero che ogni mio lavoro sia La Divina Commedia. Ho seguito la sceneggiatura mettendo in risalto la visione di Los Angeles e dell’umanità in generale. Penso che quindi, alla fine, Maps to the stars non sia poi così differente dai miei altri film. Come esistenzialista, penso che ci troviamo davanti a persone disperate, che si lasciano vivere.
Continuando a parlare di elementi che si ripetono all’interno nel suo cinema: come mai ci sono spesso personaggi che fanno sesso dentro le macchine?
C’è tutta una generazione di americani che è stata concepita nei sedili posteriori delle vecchie Ford. Non sono quindi io che ho inventato la moda di far l’amore in macchina ma la rivoluzione sessuale e ha dato la possibilità ai giovani di sfuggire dal controllo dei loro genitori. (ride)
Quali sono gli aspetti più disgustosi dell’industria cinematografica, secondo lei?
Non c’è niente di disgustoso, è tutto favoloso (ride di nuovo). Questo film poteva essere anche girato a Silicon Valley o Wall Street. Anche lì c’è la cupidigia, anche quel mondo è popolato da persone ambiziose. Non è quindi una critica solo ad Hollywood o allo show business altrimenti si rischiava di fare soltanto una caricatura.
Anche The Canyons di Paul Schrader pone al centro tematiche che si rivedono nel suo nuovo lavoro. L’ha visto?
No, non l’ho visto. Ho letto però molte cose su questo film e conosco sia Paul Schrader che Bret Ellis.
In Maps to the Stars sembra che abbia ancora una volta reinventato se stesso. Ci sono infatti molte realtà differenti
Non ho l’impressione di reinventare. Piuttosto mi distraggo. Mi diverto. Per me un progetto è come un’esplorazione. Mi pongo spesso molte domande su cosa significhi essere un essere umano, sulla sua condizione e ci sono diverse angolazioni da cui guardare. Si possono studiare da un punto di vista genetico, medico o filosofico.
Quali sono le caratteristiche dei suoi personaggi che ritrova nella sua vita a Hollywood?
Al cinema si portano le cose all’estremo. Non c’è nessuno ad Hollywood che somiglia a questi personaggi. (ride. E di gusto)