GOMORRA – LA SERIE ESORDISCE SU SKY ATLANTIC IN DUE PUNTATE DIRETTE MAGISTRALMENTE DA STEFANO SOLLIMA, IL MEGLIO DEL NOSTRO PAESE RACCONTA IL SUO PEGGIO
Voi non siete di queste terra! Smettete di essere di questa terra!: è questo che vien voglia di urlare, esattamente come fece Roberto Saviano in quel di Casal di Principe nel settembre del 2006, dopo aver visto le prime puntata di Gomorra – La Serie che, dal 6 maggio in poi e per 12 puntate andrà in onda su Sky Atlantic.
Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra così recita il titolo completo del libro denuncia del giornalista napoletano, saggio che gli è costato la libertà – Saviano vive sotto scorta dall’ottobre del 2006 proprio a causa delle su citate parole da lui pronunciate durante una manifestazione per la legalità alle quali lo scrittore aggiunse i nomi e i cognomi dei principali esponenti della camorra elencando i loro affari – e che vanta dieci milioni di copie vendute nel mondo, una trasposizione cinematografica di cui lo stesso Saviano ha curato la scrittura diretta da Matteo Garrone e uno spettacolo teatrale sempre curato dal giornalista partenopeo.
Fin dalla sua genesi e per tutta le trenta settimane di lavorazione Gomorra – La serie è stata vittima di numerose polemiche forti dell’idea che l’ennesimo racconto criminale ambientato in quella parte del napoletano possa ledere l’immagine dell’intera città e, in particolare, della quotidianamente stuprata Scampia. Il primo a schierarsi contro la fiction è stato lo stesso sindaco di Napoli Luigi De Magistris che ha anche proposto, a ragione, che parte dei proventi dello spettacolo televisivo andassero proprio ad associazioni benefiche che lavorano sul territorio in cui la serie televisiva è ambientata.
Dirette da Stefano Sollima (ma alla macchina da presa si alterneranno anche altri cineasti come Claudio Cupellini e Francesca Comencini) che per Sky ha adattato anche la prima stagione di Romanzo Criminale tratta dall’omonimo libro di Giancarlo De Cataldo già trasposto al cinema con il medesimo titolo da Michele Placido, le prime due puntate di Gomorra – La serie immerge immediatamente lo spettatore nel vivo della narrazione che vuole palesare i meccanismi interni della camorra: nel primo episodio Ciro, l’attendente del boss Pietro Savastano e ha il compito di consegnare un’intimidazione a Salvatore Conte, boss di un clan avversario. L’agguato, come da malavitoso copione, genera una risposta ancora più violenta e dà inizio a una sanguinosa guerra tra le coalizioni. Intanto Genny, unico figlio ed erede di Pietro, è tenuto fuori dai giochi criminali perché ritenuto non ancora pronto a gestire gli affari criminali del clan. Nel secondo episodio la Finanza scopre e sequestra un carico di cocaina nascosto in un grosso mercantile presso il Porto di Napoli. La “roba” è di Pietro Savastano. Il boss, furioso, vuole scoprire chi dei suoi uomini ha fatto la soffiata, ma deve contemporaneamente occuparsi del figlio Genny che deve perdere l’innocenza di ragazzino viziato. A Ciro il compito di iniziare il figlio del boss alla malavita.
Sollima con queste prime due puntate ha confermato la sua grandezza, già ampliamente dimostrata al cinema con ACAB e sul piccolo schermo con Romanzo Criminale, e la sua propensione a dirigere storie rubate alla realtà: la fotografia scura conduce lo sguardo a concepire quel che sta accadendo come qualcosa di nascosto, di omertoso e di sbagliato. Anche il sole del sud sembra cupo, sembra non essere in grado di illuminare, sembra non voler illuminare, quel mondo ricolmo di atrocità.
Interpretata da attori pressoché sconosciuti al grande pubblico, legati al territorio che raccontano e funzionali nei volti e in quel dialetto stretto che quasi sembra un codice, Gomorra – La Serie è un prodotto di altissima qualità che nulla ha da invidiare agli altissimi standard delle produzioni televisive statunitensi: pathos e violenza si alternano in scene al cardiopalma e il fiato dello spettatore resta sempre sospeso. In molti si sono chiesti se queste avventure, se il loro epico racconto che ha come fulcro il Male del nostro Paese, possa portare a una sorta di emulazione o di mitizzazione della figura del camorrista come è accaduto nel caso dei criminali della Banda della Magliana a causa delle loro romanzate – eppur storicamente realissime – gesta narrate in Romanzo Criminale. La risposta quella più chiara, dura e giusta è arrivata dallo stesso Roberto Saviano: “credo che guardare Gomorra e poi emulare le gesta dei personaggi sia profondamente improbabile ma per una ragione: quei fatti già avvengono. Guardare alle serie televisive come a un ufficio stampa del male è uno sguardo un po’ superficiale. Possono al massimo dare spunti a chi ha scelto di essere un criminale. Si torna sempre al punto di partenza: alla realtà che ha fatto fare una scelta del genere. Il film non può mai essere un’educazione al crimine. La realtà è già oltre, non è la fiction che può indurre qualcuno a intraprendere la strada del crimine nella vita. La materia su cui intervenire è quella realtà, non il film che la racconta. In ‘Gomorra – La Serie’ noi raccontiamo la realtà così com’è. È la nostra finzione perché ovviamente la serie è una finzione, fatta da attori. Non è un documentario”.
A Scampia, a nord di Napoli e del suo meraviglioso golfo, tra le mura di quell’obbrobrio architettonico che sono i palazzoni chiamati Vele ombra dell’ingiustizia e del degrado, la realtà diventa fiction ma la fiction non supera la realtà: l’aiuta a farsi conoscere, a non nascondersi. Gomorra – La Serie accende i riflettori sul nostro peggio nella speranza che qualcosa migliori. Gomorra – La serie espone il male rendendolo riconoscibile.