LA SERIE THE FOLLOWING, CREATA DA KEVIN WILLIAMSON, CONCLUDE IL SUO SECONDO CICLO CON DUBBI E INCERTEZZE
Agli americani, si sa, piacciono le serie poliziesche con una trama lineare, meglio ancora se nel mezzo ci sono sparatorie, esplosioni e agenti doppiogiochisti. Quando l’anno scorso debuttò The Following, la serie ricevette un responso abbastanza positivo, grazie alla scelta del cast di primordine come Kevin Bacon – che accettò di partecipare al progetto solo se la serie si sarebbe composta di 15 episodi a stagioni, così da dargli spazio per dedicarsi al cinema – e James Purefoy, volto noto sul piccolo (era il Marco Antonio nella serie HBO Roma) e sul grande schermo. Tutto questo perché al timone della serie c’era Kevin Williamson, storico creatore di teen drama come Dawson’s Creek e The Vampire Diaries, ma anche celeberrimo autore della saga horror di Scream.
Nella prima stagione, la trama verteva su un gioco di inseguimenti tra l’agente dell’FBI Ryan Hardy (Bacon) e il serial killer Joe Carroll (Purefoy), che si era creato una setta di seguaci che uccidevano nel suo nome. A rendere più evidente l’odio tra i due c’era Claire Matthews (Natalie Zea), ex moglie di Carroll e poi amante di Hardy. Nella seconda stagione, convinto di aver ucciso il suo nemico giurato e di aver perso per sempre la donna amata, Ryan si ritira dall’FBI per cercare di rifarsi una vita, mentre il suo partner fidato Mike Weston (il canadese Shaw Ashmore) assume un ruolo di rilievo nella nuova squadra di federali. Ma una nuova setta di seguaci (tra cui le new entry Lily Gray, interpretata da Connie Nielsen, e i gemelli Mark e Luke, interpretati da un tuttofare Sam Underwood) con tanto di maschere di Joe Carroll, torna a uccidere nel suo nome, e si aprono le possibilità che il serial killer sia in realtà vivo e vegeto. Ryan ricomincia a cercarlo per conto suo, facendosi però aiutare da sua nipote Max (Jessica Stroup, reduce da 90210) e Mike.
The Following è una serie che fa discutere; si può amarla perché ci si affeziona alla storia e ai personaggi, e si può odiarla perché ci sono situazione che infastidiscono e colpi di scena forzati solo per portare avanti la trama. Ciò che si rimprovera a Kevin Williamson è la scelta di far sembrare gli agenti federali come se fossero incapaci e impossibilitati nel star dietro ad un serial killer e ai suoi adepti; un problema che Williamson ha cercato di risolvere nella seconda stagione, ma che ha fallito. Sarà capitato anche all’FBI di impiegare anni per catturare un killer, ma con The Following, a volte, le forze dell’ordine hanno fatto buchi nell’acqua. È un gran peccato vedere Kevin Bacon, sempre bravo nella sua parte, ridotto a un ruolo che gli sta stretto per sembrare il bravo poliziotto che cerca sempre di salvare le persone per redimersi dal suo passato.
A livello di personaggi e storyline c’è qualche passo in avanti, e la new entry Jessica Stroup si amalga molto bene nelle scene d’azione con Bacon e Ashmore. Il problema resta sempre a livello di trama. Per i quindici episodi della seconda stagione, la storia prosegue a tratti e spesso con lentezza; si passa dai primi tre-quattro, con colpo di scena finale, ai seguenti in cui lo spettatore cerca di capire il senso della trama. Solo nelle ultime puntate si capisce in che modo la stagione si concluderà, in cui il bene e il male uniscono le forze per un obiettivo comune. Ne dà un indizio il season finale dal titolo“Forgive”, dove Ryan Hardy finalmente si redime, fa pace col suo passato, e capisce il senso del perdono.
Joe Carroll è un personaggio interessante fin dal primo fotogramma; complice anche il carisma inglese di James Purefoy che rende affascinante anche il più cattivo tra i serial killer. Purtroppo, un’altra carenza in questa stagione è stata la sua presenza caduta nel dejà vu: costretto a nascondersi perché braccato dai federali, Joe Carroll è prima trattato come un burattino da un gruppo di fanatici, poi tira fuori gli artigli e si circonda di nuovi seguaci – prima fra tutti Emma (Valorie Curry), personaggio amato e odiato dai fan, che riabbraccia l’uomo che ama e poi ne diventa la sua amante. Il tutto è pensato a tavolino per far rincontrare Ryan e Joe, i protagonisti della serie, ma il finale di stagione delude le aspettative dei fan: i dubbi restano, come pure le incertezze sul ruolo dei federali, che giungono sul luogo del crimine quando ormai tutto è finito.
Quello di cui The Following ha bisogno è una nuova storyline per la terza stagione, che torni ad appassionare i telespettatori, senza cadere nel banale e nel già visto; il bilancio di stagione è mediocre per la FOX, che nonostante la media di 4 milioni di telespettatori a puntata – in calo rispetto alla prima stagione che ne faceva circa 7-8 a episodio – ha rinnovato in anticipo.