WELCOME TO NEW YORK, IL FILM SULLO SCONVOLGENTE CASO DI STRAUSS-KHAN
DURATA: 120′
DATA DI USCITA: on demand
VOTO: 3 su 5
Sesso droga e la politica. Ultimamente si è discusso ‘troppo spesso’ di quanto sia giusto che le cose private diventino pubbliche quando si tratta di situazioni riguardanti persone che ricoprono cariche istituzionali, e soprattutto fin dove si possa spingere l’etica di un individuo che in qualche modo tiene in mano le redini del suo paese o di un’importante organizzazione internazionale. Di esempi in tal senso ne abbiamo sia guardando dentro le nostre tasche sia fuori dai nostri confini. Abel Ferrara per il suo ultimo film ha rivolto la sua attenzione al caso di tre anni fa, che risuonò dai televisori in tutte le case del mondo e fece inevitabilmente ed immediatamente terminare la carriera politica di quello che doveva essere uno dei papabili candidati all’Eliseo nelle presidenziali francesi del 2012, nonché ex Presidente del Fondo Monetario Internazionale: Dominique Strauss-Khan.
In Welcome to New York infatti, Ferrara racconta una storia che dire ‘ispirazione’ è dir poco, aprendo il sipario con una scena di sesso spinto al limite del porno, come intermezzo di una serata alcolica tra politici francesi in trasferta in America. Ma quando la sera finisce e la doccia mattutina lava via ogni ogni traccia di adulterio, non ci sono più scuse, si torna alla vita pubblica. Deveneraux ( Gerard Depardieau) però di sentirsi soddisfatto dalle donne non ne ha mai abbastanza, e quando quella famigerata mattina entra nella camera del suo albergo la cameriera, il fatto che lui sia in accappatoio accende l’istinto animalesco e quel che ne esce fuori è una denuncia per stupro.
La storia vera la conosciamo bene tutti, non potremmo mai sapere come sono andati i fatti e se l’accusa fosse reale, ma di sicuro la sentenza è stata emessa e si è conclusa con un oneroso risarcimento alla vittima. La ricostruzione dei fatti di Ferrara è minuziosa, lo sguardo da ispettore del regista non si è lasciato scappare neanche un dettaglio che potesse apportare dell’intrigo al caso. Ma proprio questa ricostruzione così particolareggiata disorienta lo spettatore nella percezione del tempo, facendo scorrere velocemente la prima parte, per rallentare drasticamente nel tragitto che vede l’uomo indagato e portato in carcere.
E’ nell’ultima parte del film che la faccenda si fa più interessante, perché ci siamo lasciati alle spalle il racconto dei fatti di cronaca e abbiamo dato il via alle danze delle riflessioni personali: quelle tra l’uomo/politico/marito/padre messo pubblicamente alla gogna, come se fosse l’ultimo stadio di un percorso che non poteva concludersi diversamente se non con il dolore fisico o morale che una porta in faccia fa sentire; e quelle con la moglie, nel film Jacqueline Bisset, frustrata dal suo essere donna e dall’essere sposata con l’uomo.
Welcome to New York è, generalmente parlando, la storia vera che ogni tanto ci tocca leggere sulle prime pagine dei giornali. Perché lo sappiamo che in fondo la vita non è un film, ma molto spesso è il contrario.