Cannes 67 – Winter Sleep: recensione film (in concorso)

CEYALN CON WINTER SLEEP SI CONFERMA IMPORTANTE E ELEGANTE ESPONENTE DEL CINEMA TURCO. E NON SOLO

The winter sleepGENERE: drammatico

DATA DI USCITA: n.d.

DURATA: 196’

VOTO: 3,5 su 5

Come accade in poesia anche nell’ultimo lavoro di Nuri Bilge Ceylan l’inverno non è solo la stagione nella quale viene ambientato il lungometraggio ma anche la metafora che racconta l’età e al contempo lo stato d’animo del suo protagonista.

L’Hotel Othello è una perla architettonica scavata nella pietra dell’altopiano anatolico a dirigerlo ci sono c’è un ricco ex attore teatrale e sua moglie, molto più giovane di lui. Il freddo della stagione invernale non ferma qualche turista coraggioso che, nonostante l’imminente arrivo della neve, non rinuncia a passare qualche giorno in quel luogo dove la meraviglia la fa da padrona.

Il peso di un vissuto estremamente diverso divide i due protagonisti, lui di umili origini e lei che non ha mai dovuto preoccuparsi di come sopravvivere, diventa anche simbolo dell’incomunicabilità di due generazioni: quella che ha lottato per una Turchia laica e contemporanea senza alcun rispetto per la religione e per l’arte, che viene vista come una forma di snobismo più che come un accrescimento dell’anima, e quella che in fin dei conti è sempre stata pronta ad accontentarsi dello stato delle cose e addirittura prova nostalgia per i tempi che furono.

Ceylan con Winter Sleep mette da parte i lunghi silenzi che hanno caratterizzato fino ad oggi i suoi lungometraggi e opta, al contrario, per un film estremamente verboso dove i due protagonisti, pur essendo marito e moglie, si colpiscono a vicenda con pesanti giudizi che raccolgono l’astio di due diversi punti di vista. Anche la regia, prima pregna di lunghi piano sequenza, in questa pellicola sceglie una dinamicità estremamente funzionale. Riconoscibile, invece, l’ambientazione rurale marchio di fabbrica del cineasta che fa muovere i suoi protagonisti in un luogo che pare appartenere ad un altro tempo.

Il non detto che impone il suo dire e l’operosità del tempo che a volte divide anche si ama sono i temi centrali di un film ipnotico che conferma come Ceylan sia un elegante e importante esponente del cinema turco. E non solo.

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