LA NOSTRA REDAZIONE SI METTE A CONFRONTO SUL FILM DISNEY CON ANGELINA JOLIE
Quando la principessa Aurora viene al mondo, tutto il regno è entusiasta. L’unica ad essere furiosa è la strega cattiva Malefica (Angelina Jolie) che maledice la piccola, prefigurandole la morte al compimento dei sedici anni per via di una puntura di un dito sul fuso di un filatoio. Crescendo sotto l’ala protettiva del padre e delle tre fatine, Aurora si ritroverà al centro di un conflitto tra il regno della foresta che ha imparato ad amare e il regno umano a cui appartiene.
MALEFICENT, DEBUTTO IN REGIA PER ROBERT STROMBERG. ESITO?
SANDRA MARTONE: È difficile giudicare la regia di un film come Maleficent perché moltissimo è dato dalla post-produzione trattandosi di un fantasy del 21mo secolo dove la Computer Grafica ha preso il posto della scenografia e se si guardano le scene in originale l’uso del green screen è talmente agghiacciante da levare tutta la poesia al racconto e all’idea che il cinema faccia parte della rosa delle arti. Detto questo i primi piani su Angelina Jolie sono fenomenali forse più grazie alla bravura dell’interprete che a una capacità reale del cineasta. C’è da dire che nelle battaglie e nei momenti di gioia come di oscurità la spettacolarità di Maleficent è notevole ma come nel caso di Peter Jackson per la saga di Il Signore degli Anelli prima e de Lo Hobbit poi è impossibile dire che è tutto merito di chi ha diretto.
SIMONE BRACCI: Nonostante le buone premesse, l’esito è negativo, noia ed eccesso di computer grafica la fanno da padrone e la stessa storia ad alto tasso di glucosio non migliora la situazione. Certo, la Jolie si diverte e si cala bene nel ruolo, ma il resto del “mappazone” fantasy di certo non aiuta a migliorare un prodotto eccessivo, pronto direttamente per l’homevideo natalizio, nello scaffale Auchan più remoto.
2. A CHE TIPO DI PUBBLICO SI RIVOLGE?
SM: Maleficent va visto con gli occhi di un bambino: è un fantasy di Mamma Disney e per questo è dedicato a un pubblico di giovanissimi o a chi ha amato la favola de La bella addormentata nel bosco. È inutile presentarsi in sala con l’idea di vedere un inno alla crudeltà e per quanto ricalchi alla perfezione la storia originale di Aurora e del suo sonno è ovvio che c’è una versione nuova della villain che poi, alla fine, così villain non è. Il fine pedagogico dei lungometraggi Disney vuole che la bontà rasente il buonismo vinca su tutto.
SB: La rilettura dark e la morale rovesciata sono il punto di forza, ma, se andrete a vederlo, sappiate si tratta di un film Disney vietato ai maggiori di 15 anni. Nel senso contraddittorio del termine, troppo ricercato per avere un pubblico di riferimento infantile, troppo ridicolo in certi passaggi da fiaba e in sorrisi di plastica per affascinare il mondo adulto. La foresta incantata di per se non funziona e i prodigi digitali sono lasciati nel limbo dell’incompiuto. Salvo solo il rapporto materno, quello aveva bisogno di maggiore spazio.
3. MANTIENE LO STILE DISNEY?
SM: Lo stile Disney è mantenuto fin da quando, nell’incipit del racconto, scopriamo che Malefica non era altro che una fata e che a sua malvagità è frutto di un tradimento. Detto questo c’è una nuova rotta che ha preso la casa di produzione statunitense a partire da Brave – Ribelle in poi nella quale le principesse, o comunque le protagonisti femminili delle storie, non hanno bisogno per forza della figura del Maschio/Principe che le salvi e, anzi, sono capacissime di farlo da sole: Maleficent segue pienamente questa nuova ondata suffraggetta che è stata anche più che sviluppata nell’ultimo disneyano classico Frozen – Il Regno di ghiaccio e riscrive in virtù di questa nuova, moderna, visione della donna una delle fiabe più maschiliste della storia dei classici animati.
SB: Segna certamente un rinnovamente dal punto di vista letterario, ma discostandosi molto dalla fiaba originaria, apre uno scenario interessante per quanto riguarda il filone storico-classico legato al racconto da cui è tratto. Appurato questo, è un grande passo indietro rispetto agli ultimi lavori che hanno accompagnato la Casa di Walt. Non coinvolge, non attrae e, nonostante la post produzione di livello, è destinato probabilmente a bissare il flop de Il grande e potente Oz: da dimenticare in fretta. O cambiare rotta per i prossimi a venire.