Fermoimmagine: l’ultimo film di Stanlio & Ollio

Stan Laurel e Oliver Hardy chiudono la loro carriera con il disastroso e sfortunato Atollo K

Gli spiccioli di Montale di Nico Orengo è un libriccino dove si intrecciano ricordi, stralci di storia romanzati e bellissimi paesaggi. La passione dell’autore per il cinema trova spazio in pochi, interessanti aneddoti, ambientati nell’ultimo angolo di Costa Azzurra, a pochi chilometri dalla frontiera: dove ad esempio girarono la loro ultima pellicola Stanlio e Ollio, tale Atollo K aka Utopia. 

«In quel film, un critico ha scritto che ogni volta che cadevano in terra sembrava non dovessero più rialzarsi. Imitavano se stessi, ma con infinita stanchezza». Nel 1950, durante la lavorazione del loro ultimo lungometraggio insieme, Stan Laurel e Oliver Hardy compiono rispettivamente sessanta e cinquantotto anni: Hollywood li ha dimenticati e messi da parte non solo per la loro età, ma soprattutto per la loro verve comica, considerata obsoleta per i nuovi canoni dell’industria cinematografica.

La guerra, la separazione dal loro primo produttore Hal Roach e il nuovo contratto sotto l’inflessibile 20th Century Fox che non accetta improvvisazioni sul set spingono il duo comico a imbarcarsi per una tournée teatrale in Europa. Il successo è sorprendente e il pubblico sempre numeroso, tanto da solleticare la fantasia dei produttori d’oltreoceano. La Film Sirius francese e l’italiana Fortezza Film sviluppano quindi in fretta un progetto in cui coinvolgere Laurel e Hardy, convinte del sicuro guadagno.

La regia viene affidata a Leo Jeannon, sul soggetto di Piero Tellini e René Wheeler. Convocati dall’avvocato di famiglia per raccogliere l’eredità di un vecchio zio, i nostri protagonisti ricevono solo una grossa delusione: il patrimonio si è dissolto in tasse, mentre a loro rimangono pochi spiccioli, un vecchio battello e un isolotto nei Mari del Sud. Il viaggio verso la proprietà si complica quando scoprono che a bordo si sono imbarcati come clandestini l’apolide Antonio e l’emigrante Giovanni, ma i quattro non hanno tempo di litigare che vengono travolti da una tempesta e scagliati su un’isola. Qui vivrebbero in armonia come novelli Crusoe, se non arrivasse una giovane e bella cantante a rivelargli che si trovano su un ricchissimo giacimento d’uranio.

I lavori iniziano in primavera negli splendidi studi della Victorine a Nizza, ma non proseguono a lungo. La salute di Laurel si aggrava quasi subito: il diabete con cui convive già da tempo peggiora e numerosi problemi di colite e dissenteria rendono necessario un lungo soggiorno in ospedale, durante il quale il suo peso, già esile, cala bruscamente. Hardy d’altra parte risente della dieta francese, prende qualche chilo di troppo e accusa problemi cardiaci. Quando finalmente la coppia sembra essersi ripresa (benchè Laurel resti spaventosamente magro per il resto della lavorazione), una balaustra del battello su cui era appoggiato Adriano Rimoldi cede e l’attore fa un volo di quasi tre metri, atterrando sulle rocce dell’atollo. Fortunatamente non riporta ferite gravi, ma per un mese è costretto ad abbandonare il set. Le riprese, che avrebbero dovuto richiedere una dozzina di settimane, alla fine durano dodici mesi.

Il risultato non vale poi nemmeno la pena di tanti sforzi. «Il film è stato un aborto. Parte del cast parlava francese, altri parlavano italiano e noi due eravamo i soli a parlare inglese. Nessuno, incluso il regista, sapeva minimamente quello che voleva» riassume Stan Laurel. La distribuzione non è meno infelice. Per il mondo circolano quattro versioni differenti per montaggio e lingua: una francese (Atoll K, 93′), una italiana (Atollo K, 97′), una inglese di 82 min. che nel Regno Unito titola Robinson Crusoeland e in America Utopia e un’ultima versione inglese di 98 min., utilizzata solo per la premiere in Gran Bretagna. Ugualmente disprezzate dalla critica, calano un pietoso sipario sulla carriera di Stanlio e Ollio, senza riuscire però a cancellare l’amore del loro pubblico.

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