Transformers 4 – L’era dell’estinzione: recensione film

IL RITORNO DEGLI AUTOBOT È UN REBOOT IN PIENO STILE MICHAEL BAY

10014467_10154091873970142_8643787505472508342_o_midGENERE: ACTION/SCI-FI

DATA DI USCITA: 16 luglio 2014

DURATA: 165 minuti

VOTO: 2,5 su 5

Visionario, eccessivo, adrenalinico, spaccone. Bastano poche parole per descrivere in un colpo solo il regista americano Michael Bay. Quarantanovenne losangelino di nuovo in sala con il suo ultimo Blockbuster: Transformers 4 – L’era dell’estinzione.

Sin da Bad Boys, film di esordio verso il grande pubblico, erano ben chiari i suoi riferimenti cinematografici e la sua voglia di portare sullo schermo qualcosa di assolutamente maestoso e fuori dall’ordinario. E negli anni vedendo titoli come Armageddon e Pain and Gain, passando ovviamente e obbligatoriamente attraverso la saga dei Transformers, i suoi film hanno rispecchiato in pieno questa sua essenza. Ponendolo per molti su un piedistallo di assoluta genialità e avanguardia visiva. Per tanti altri nel limbo dei grandi “animali” da botteghino e null’altro.

La verità è probabilmente nel mezzo e questo film ancora una volta conferma questa sensazione. Nelle quasi 3 ore di montato che Bay porta sullo schermo assistiamo nuovamente ad un’apocalisse visiva senza precedenti; ma anche ad una serie di complessità e “scivoloni” in fase di scrittura che finiscono per rendere  il film troppo complesso e ripetitivo per un pubblico che non sia quello dei teenager americani di riferimento.

Tutto e troppo. Rispetto ai capitoli precedenti rimane pressoché immutato lo schema narrativo ed il ricorso ad elementi di assoluta consuetudine quali bolidi a 4 ruote extra-lusso,  patriottismo “sventolato” all’eccesso e giovani attrici da copertina. Rispetto al passato cambiano però gli interpreti per quello che si può definire come un reboot (rinascita) a tutti gli effetti. Al posto del sorprendente Shia Labeouf ecco arrivare il nuovo attore feticcio di Bay, quel Mark Wahlberg ormai definitivamente a suo agio nel ruolo di eroe muscoloso pronto a salvare il mondo.

Il suo alter ego è un inventore sfortunato (Cade Yeager) alle prese con i problemi quotidiani del rapporto paternalistico con una figlia adolescente e molto appariscente (la giovanissima, classe 1995, Nicola Peltz).

L’America sta vivendo un periodo di pace dopo la battaglia di Chicago tra Autobot e Decepticon raccontato nel film precedente, ma segretamente la CIA sta eliminando tutti gli Autobot per estirpare ogni possibile minaccia futura alla terra. Anche Optimus Prime è costretto a nascondersi, finchè Yeager finisce per trovarlo accidentalmente in un cinema in disuso (messaggio subliminale della fine di un’era legata al film in sala?).

Yeager dovrà guidare i robot in una lotta contro la bramosia del genere umano a voler giocare ancora una volta a impersonare Dio. Una lotta contro l’egoismo che contraddistingue coloro che rivendicano un diritto di possesso e che spingerà un magnate della tecnologia (il sempre ottimo Stanley Tucci) a voler ricreare in laboratorio i robot tanto temuti: utilizzando come materia prima un misterioso elemento scoperto nei ghiacciai dell’Antartide. Una scoperta che spingerà il regista e lo spettatore in un percorso di analisi più profondo riguardo la genesi della vita sulla terra e l’estinzione della stessa.

Fino all’epilogo finale in cui, come nei precedenti film, saranno ancora una volta i robot a ricordare agli esseri umani, vera “macchina” imperfetta di questo racconto, quei valori di civiltà e  convivenza che troppo spesso  tendono a dimenticare .

 

 

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Onnivoro cinematografico e televisivo, imdb come vangelo e la regia come alta aspirazione.
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