LA COMMEDIA NERA DI INARRITU CON MICHAEL KEATON APRE LA MOSTRA
DURATA FILM: 119 minuti
USCIA IN SALA: 5 febbraio 2015
VOTO: 5 su 5
Di cosa parliamo quando parliamo d’amore? E’ questo il testo di Raymond Carver che il protagonista di Birdman – The Unexpeted virtue of ignorance (ovvero Michael Keaton) riadatta e porta a Broadway, nel tentativo di rilanciare una carriera di attore miseramente in declino dopo aver smesso di indossare i panni di un super eroe anni ’90, Birdman appunto. Di cosa parliamo quando parliamo di cinema? E di arte? E di grandi interpretazioni? Come dice una delle tante battute geniali di questo film “Cosa ti è successo nella vita per diventare un critico?”
Alejandro González Iñárritu abbandona le storie incrociate per proporci, tra i camerini di un teatro, i tetti dei grattacieli di New York e i social network, un viaggio “contro” l’ego. Egocentrici, viziati, depressi, esaltati e soli, gli attori confondono la loro vita vera con quella sul palcoscenico o sul set, e ne viene fuori una critica sarcastica e vera, pungente e senza fronzoli, arguta e irriverente di Hollywood e dei “mostruosi” blockbusters. Ma senza presunzione, un pretesto per parlare di temi più alti ed eterni: chi siamo? Come viviamo? Cogliamo l’essenza della nostra vita o siamo troppo intenti a filmarla, chattarla, postarla, controlllare se gli altri si accorgono di noi? Sembrano proprio queste le domande che Riggan Thomson, attore sulla sessantina che a suo dire sembra “un tacchino con la leucemia”, si pone e a cui non sembra trovare una risposta. Per dimostrare a se stesso e al mondo, che lo osanna e riconosce solo nei panni di un pennuto eroe che ancora gli parla, inducendolo a crisi istriche e tentativi maldestri di suicidio, Riggan riadatta e porta in scena un testo di Raymond Carver, che molti anni prima gli aveva lasciato un tovagliolino in camerino con scritto “sei bravissimo” (era forse ubriaco quando lo scrisse?).
Lo fa mettendo in gioco tutta la sua vita, riponendo in questa messa in scena la speranza di essere apprezzato ed amato. Il teatro portato con destrezza al cinema: tra angusti corridoi e tetri camerini, gli ego dei protagonisti, maschili e femminili, si scontrano fino a darsele di santa ragione. Edward Norton interpreta l’attore più giovane, quello di “contenuto” che viene a sostituirne uno “cane”. Così prende avvio la danza per dimostrare chi è più bravo, chi vale, chi merita la prima pagina. Le due donne attrici, Naomi Watts e Andrea Riseborough, sono in balia di questi uomini egoici ed egoisti, bambine senza padri. E alla ricerca di suo padre è la bravissima Emma Stone, appena uscita da un rehab, si diletta a disegnare piccole linee su rotoli di carta igienica e a sedurre l’ego dell’attor giovane.
Pur abbandonando la sua cifra più drammatica, Inarritu continua a regalarci quel suo modo speciale di “stare” sulle persone, sui loro volti, sui loro movimenti e pensieri, questa volta volando anche tra mostri e super eroi che mai ti aspetteresti di vedere. Michael Keaton supera se stesso, in un’interpretazione che ci fa venire voglia di vederlo a teatro. Così come Edward Norton, che finalmente ritroviamo in tutto il suo splendore (non che lo avesse mai perso, ma ci mancava da un po’). Sono questi gli attori che ci piacciono, che mettono in gioco se stessi accettando ruoli in cui sostanzialmente, prendono in giro se stessi e il meccanismo in cui vivono. Bravissimo Zach Galifianakis, nei panni dell’avvocato, produttore, migliore amico del divo in decadenza.
La “critica”, se così si può definire, non risparmia nessuno, la stampa in primis, pronta a distruggere o creare divi senza nessuna attenzione ai contenuti. Contano di più le visualizzazioni su twitter o il sangue sul palcoscenico? La verità o la finzione? Venezia 71 non poteva aprire meglio di così, questo è sicuro. E questo è un film che tutti gli attori dovrebbero vedere.