MANGLEHORN: UN UOMO CONSUMATO DAL PROPRIO EGO
Dopo il film Joe, il regista David Gordon Green torna in Concorso a Venezia per il secondo anno consecutivo con Manglehorn, pellicola avente diverse similitudini con il suo predecessore. Questa volta al posto di Nicholas Cage la musa ispiratrice di Green è Al Pacino, che porta sullo schermo l’immagine sbiadita di un uomo egoista dal passato oscuro.
Angelo Manglehorn (Al Pacino) è un uomo all’apparenza gentile che passa le sue giornate al negozio dove pratica la professione del fabbro. Una vita ordinaria, una ex moglie inesistente ed un figlio evanescente, dove l’unico conforto sembra provenire dall’affetto nei confronti della gatta domestica. Angelo fa scorrere le sue lente giornate ricordando un amore perduto di una gioventù altrettanto distante. A crepare questo specchio di monotonia ci proverà Clara (Holly Hunter), impiegata di banca con una cotta per il protagonista e disposta a tutto pur di far provare qualcosa ad un cuore ormai arido di desiderio.
Green si limita a girare questa storia in modo anonimo, senza virtuosismi o particolari dinamiche registiche, focalizzando l’attenzione sui pensieri e le parole del protagonista. Proprio lui domina completamente la scena facendo il bello e cattivo tempo all’interno della trama. Se l’intento era quello di rappresentare un uomo piegato per la perdità di un grande amore ed in pieno conflitto con il suo oscuro passato il messaggio non arriva.
I dialoghi sono eccessivamente scontati e i clichè tipici in un dramma sentimentale si ripetono in modo monotono portando ad un finale scontato. La trama non scorre e il tutto viene caricato dall’atteggiamento equivoco di un uomo che nonostante abbia provato l’amore sembra essersi scordato cosa significhi amare veramente con il cuore. Questa miscela di cose sembra distorcere l’idea iniziale, facendo risaltare l’egocentrismo del protagonista consapevole di tale difetto, ma disposto a calpestare qualsiasi cuore pur di far prevalere il ricordo della sua amata.
Gli impegni di crescere una famiglia, crearsi nuove amicizie o semplicemente essere gentili durante un primo appuntamento non sembrano neanche sfiorare questo vecchio fabbro, che comportandosi da eremita, si rifugia nei suoi pensieri e riesce a dare un po’ di affetto solo verso la propria gattina, unico riflesso flebile dell’amor perduto.
Eppure, anche questo soggetto negativo sembra trovare la strada per la redenzione. Un esempio sbagliato di uomo in grado di collezionare inimicizie non apprezzando i veri valori della vita. Tanto fumo e poco arrosto. Manglehorn di Green sembra un compito in classe scritto di fretta e consegnato in brutta copia alla maestra, che purtroppo in questo caso siamo noi tutti, il pubblico.