FRANKENSTEIN JUNIOR: ESILARANTE PARODIA SU UN CLASSICO DELL’ORRORE
Quarant’anni fa una splendida coppia di amici/colleghi si ispirò al Frankenstein di Mary Shelley per portare nei cinema una delle commedie parodistiche più brillanti ed intelligenti del cinema mondiale, Frankenstein Junior. Scritto a quattro mani dai due grandi Artisti sopracitati, ovvero Mel Brooks e Gene Wilder, questa gemma può definirsi come il lavoro più equilibrato e completo della stravagante e variegata carriera del primo e offre una delle migliori prove interpretative per il secondo.
Turbato e sconvolto dalla terribile scoperta di essere il nipote del famoso Victor Frankenstein, il Dr. Frederick Frankestein (Gene Wilder), o come preferisce farsi chiamare lui “Frann-kenn-stiin!”, lascia alla stazione la fidanzata Elizabeth (Madeline Kahn) per recarsi al castello di famiglia in Transilvania donato in eredità dal defunto nonno. Con l’aiuto del fedele assistente Igor (Marty Feldman), o come preferisce farsi chiamare lui “Eye-Gore”, della bella del villaggio Inga (Teri Garr) e della sinistra ex assistente del nonno Frau Blucher (Cloris Leachman), il giovane chirurgo decide di portare avanti gli esperimenti del suo predecessore. L’esito finale sarà la nascita del Mostro (Perter Boyle) e delle sue quantomeno singolari conseguenze.
Un cast eccezionale dove, oltre agli interpreti assolutamente collaudati fra di loro, spicca il cammeo di Gene Hackman interprete del goffo eremita cieco che nonostante i buoni propositi riesce ad ustionare la Creatura più volte mettendola in fuga e creando così una delle sue più grosse fobie, il fuoco.
Questa piccola comparsata da parte di un grande attore fa capire l’essenza dei film di Brooks dove tutti sono importanti ma nessuno è indispensabile. Solamente la coralità dei personaggi e degli eventi conta realmente all’interno delle sue dolci e stralunate storie.
Oltre a questa innovativa filosofia di cinema, c’è tanta tecnica e lavoro dietro ogni scena. Il cineasta di fatto ci fa rivivere la nostalgia di una pellicola anni 30′, con una fotografia in bianco e nero e delle musiche strazianti liberamente ispirate ai celebri film horror di quel periodo ed in particolar modo al Genio del precursore James Whale.
Questa pellicola si può definire parodistica pur non prendendo un solo film di mira come fanno di solito in film con tale stile, bensì portando più storie rappresentanti la Creatura di Mary Shelley facendone così un perfetto riassunto. I passaggi fra le scene attraverso svariate ma volute dissolvenze, ci fanno vivere quel cinema agli albori del sonoro e al contempo ci fanno anche gustare una trama impeccabile in ogni scelta.
Azione, colpi di scena, suspense. Elementi che non sembrano adatti ad una parodia ma, inseriti a piccole dosi, si incastrano alla perfezione con tanta ilarità nel mezzo che non fa togliere il sorriso dalle labbra per tutti i 108 minuti di girato. Dulcis in fundo un omaggio al Musical, grande pallino personale di Brooks, con Wilder e Boyle imprevedibili ballerini e cantanti.
Nessun premio pesante vinto per questo fantastico lungometraggio, ma un ottimo incasso durante il suo passaggio sul grande schermo e ancor più successo grazie all’approdo in home-video.
Ancora oggi viene portato al cinema come tributo ad un umile quanto passionale regista capace di far divertire ed emozionare evidenziando i lati comici della vita e, allo stesso tempo, omaggiandone il suo grande valore.