Se chiudo gli occhi non sono più qui: recensione film

QUANDO AGLI ADOLESCENTI MANCANO PUNTI DI RIFERIMENTO, DEVONO AVERE IL CORAGGIO DI NON SMETTERE DI SOGNARE

locandina-2GENERE: drammatico

DURATA FILM: 100 minuti

USCITA IN SALA: 18 settembre 2014

VOTO: 3 su 5

Kiko è un sedicenne italo-filippino che da alcuni anni ha perso il padre a causa di un incidente stradale. Il nuovo compagno della madre, Ennio, si occupa di edilizia e gestisce un gruppo di immigrati che porta con lui in cantiere. Anche Kiko è costretto ad andare a lavorare ogni giorno dopo la scuola e a mettere così da parte lo studio. L’incontro con Ettore, vecchio amico del padre, gli darà nuovi stimoli e voglia di decidere del proprio futuro.

Se chiudo gli occhi non sono più qui di Vittorio Moroni riprende ancora una volta l’interesse del regista per il tema dell’immigrazione e della sua evoluzione (è stato sceneggiatore di Terraferma e Razzabastarda). Ma questo film costituisce soprattutto un profondo percorso di conoscenza sull’universo adolescenziale e sulle sue problematiche. Kiko (interpretato dal giovane Mark Manaloto), ancor prima di essere un immigrato di seconda generazione, è un sedicenne come tanti altri, che si trova a dover affrontare quella perdita di sicurezze che porta i giovani di oggi a voler essere altrove, a non essere più qui.

La morte del padre costringe Kiko a confrontarsi con due figure maschili, apparentemente una buona e l’altra cattiva: da una parte Ettore (Giorgio Colangeli), che rappresenta la sua occasione di emancipazione e crescita intellettuale e lo fa riflettere sui diritti degli adolescenti, come quello a formarsi e sognare; dall’altra Ennio (Giuseppe Fiorello), antitesi vivente della filosofia sul rispetto dei più giovani, che cerca con lui un contatto ma lo fa in modo sbagliato, portandolo così ad allontanarsi sempre di più e a bloccare sul nascere il loro rapporto.

In questa ricostruzione malinconica e poetica riusciamo facilmente a condividere assieme ai personaggi i loro disagi e le loro emozioni. Narrativamente il racconto è fluido e ben costruito, e offre in ogni scena lo spunto per riflettere su un aspetto differente della vita del ragazzo, spaziando dai rapporti familiari a quelli scolastici e affettivi, così come di questa Italia spaccata tra immigrazione, integrazione e lavoro nero.

Dopo una gestazione di quasi cinque anni, Vittorio Moroni, incrociando film di finzione e documentario, ha portato alla luce un quadro realistico e commovente di una giovane generazione composta da ragazzi che sempre più devono far affidamento su sé stessi per trovare il loro posto nel mondo.

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