Cristian Scardigno: Intervista al regista di AmoreOdio

IL REGISTA A CUORE APERTO SUL FILM AL CINEMA DAL 9 OTTOBRE

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Ci incontriamo in un bar di Cisterna di Latina. Siamo della stessa piccola città eppure non ci siamo mai conosciuti, e prima dello scorso anno non sapevo chi fosse Cristian Scardigno. Dopo aver diretto diversi cortometraggi, da giovedì 9 ottobre il suo primo film Amoreodio approderà nelle sale italiane, dopo il successo e l’interessamento guadagnato all’estero e dimostrato con le numerose selezioni ottenute in festival internazionali come il Festival du films du monde di Montreal. Al centro del lungometraggio ci sono i problemi adolescenziali, e si parla di come spesso i ragazzi per frustrazione, monotonia e difficoltà di comunicazione all’interno della propria famiglia, siano portati a eccessiva e inspiegabile violenza.

Il tuo primo film si ispira a uno dei temi di cronaca nera più discussi e di maggior risonanza mediatica degli ultimi anni: la strage di Novi Ligure. Cosa ti ha colpito di questa vicenda e cosa che ti ha portato a parlarne? Come è nata l’idea e come si è evoluta?

Cristian Scardigno: “Cosa mi aveva colpito all’epoca dei fatti di preciso non lo so, ti dico la verità, perché credo di aver subito come tutti un bombardamento mediatico. Tutte le notizie che arrivavano erano così forti che pensavo a come potesse essere assurdo tutto ciò, ma non mi ero fatto un’idea mia. Quindi mi sono lasciato travolgere dalle notizie come la maggior parte degli italiani. Poi quando ci ho ripensato intorno al 2009, ho immaginato che si poteva creare una storia partendo da quel fatto, ma ciò che mi interessava fare era approfondire il personaggio di lei, quello che poi è diventato Katia, perché a quel punto volevo indagare la sua psicologia e capire cosa la poteva portare a compiere quello che ha fatto. Ho ripreso e letto la documentazione dell’epoca e allora mi sono accorto che effettivamente io volevo parlare degli adolescenti, e forse in questo sono stato influenzato anche da un certo tipo di cinema, come quello indipendente americano. È ovvio poi che il fatto c’è, è lì davanti agli occhi di tutti, ma io tramite quello ho potuto parlare di altro.”

Sicuramente hai avuto un grande coraggio in questa scelta, ma non hai mai avuto paura che un tema così importante, così forte, così crudo, difficile da metabolizzare sul piano umano, potesse penalizzarti in qualche modo?

C.S.: “Ho iniziato a scrivere questo film pensando unicamente a quello che volevo raccontare. Il fatto di non far parte del mondo del cinema mi ha portato a non avere contatti con l’esterno, a maggior ragione considerando che ci siamo anche autoprodotti (Underdog Film). Non ci sono state persone al nostro fianco che da anni lavorano nel settore a indirizzarci nell’una o nell’altra direzione. Questo ha contribuito a tirare fuori un prodotto che è davvero personale e indipendente. L’unico supporto che abbiamo avuto è stato il fondo ospitalità dell’Apulia Film Commision, perché il film è stato girato in Puglia. Comunque non ci sono state interferenze esterne, e questo si riconduce all’incoscienza di iniziare un progetto così, sotto tutti i punti di vista, a cominciare da quella produttiva fino all’uscita nelle sale, perché ci stiamo anche autodistribuendo.”

Ti sei occupato di tutto, dalla produzione alla sceneggiatura, dalla regia fino alla distribuzione. Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato?

C.S.: “Le difficoltà sono state molte e in ogni fase della lavorazione abbiamo trovato dei problemi che a prima vista ci sono sembrati davvero insormontabili, a cominciare dalla preproduzione, ossia dalla reperibilità dei fondi. È molto difficile coprire il budget se non hai il sostegno del Ministero o di una qualche grande casa di produzione. Sul set poi eravamo ridotti all’osso, e in postproduzione abbiamo imparato che i costi erano superiori a quelli che ci aspettavamo. Infine siamo arrivati al momento di vendere il film. Avendo incontrato diverse difficoltà nel trovare una casa di distruzione, abbiamo deciso di autodistribuirci, e ci siamo mossi contattando direttamente le sale. Ma anche qui, tra il controllo sulle programmazioni, la diffidenza verso un film indipendente e il cast poco conosciuto, non è stato facile.”

Parlami dei due attori protagonisti. Cosa ti ha colpito in loro che ti ha portato a sceglierli?

C.S.: Francesca Ferrazzo (Katia) mi ha colpito fin dal primo provino, è stata perfetta da subito non solo per la sua fisicità un po’ spigolosa che incarna la freddezza richiesta dal ruolo di Katia, ma anche per l’interpretazione del monologo che recitò. Michele Degirolamo (Andrea) anche mi è sembrato adatto dall’inizio, ma con lui è stato un crescere e migliorarsi nella resa, lavorando su alcune scene di volta in volta. Mentre per Katia mi serviva una persona già impostata, per Andrea avevo bisogno di qualcuno su cui poter lavorare e al quale dare molte sfumature. Entrambi poi hanno una caratteristica che per me è fondamentale: il fatto di recepire le indicazioni subito, cioè ogni piccolo cambiamento è capito e applicato senza difficoltà.”

Mi è piaciuta molto la colonna sonora di Amoreodio, puoi dirmi qualcosa a riguardo?

C.S.: “Per me la musica è fondamentale. I brani di Amoreodio sono stati composti da Mauro Del Nero, che conosco da tanto tempo ma col quale ho collaborato in questa occasione per la prima volta. Già in fase di scrittura inviavo a Mauro dei brani ai quali potersi ispirare, e molti di questi erano di Arvo Paart, un compositore estone. I suoi componimenti sono stati molto usati in altri film (Gerry di Gus Van Sant). Rispetto a tante altre pellicole la musica in Amoreodio è meno presente nella sua forma, in quanto si tratta di componimenti ambientali composti da tre note, quindi è quasi ridotta al minimo. Ma al pari della musica per me è stato molto importante anche il silenzio, perché tutto si gioca sui silenzi e sulle singole note, e sui i silenzi tra le note.”

 

 

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