LA FILOSOFICA CONVERSAZIONE TRA ANDRE GREGORY E WALLACE SHAWN DIRETTA DA LOUIS MALLE
Andre Gregory e Wallace Shawn si conoscono a teatro, all’inizio degli anni Settanta, e diventano da subito affiatati collaboratori e ottimi amici. Soltanto nel corso del decennio successivo, il primo dirigerà svariate opere teatrali scritte dal secondo e, in qualche occasione, lo coinvolgerà anche come attore. Nel 1980, per una fortunata serie di coincidenze, i due decidono di scrivere a quattro mani una sceneggiatura: Gregory sta progettando di far redigere la propria biografia, quando a Shawn viene l’idea di scrivere una storia basata esclusivamente su una chiacchierata tra due amici.
Per concludere la stesura definitiva di My dinner with Andre occorre quasi un anno. Gregory e Shawn registrano le loro conversazioni per tre mesi, estrapolando poi i brani più significativi e costruendo insieme il lunghissimo dialogo tra due personaggi che incarnano le loro personalità. Il titolo del film è infatti già un riassunto dell’intera pellicola: nei primi minuti Wallace, uno scrittore e attore teatrale, si prepara a passare la serata con un vecchio amico che evita da anni, Andre, celebre regista scomparso da qualche anno dalle scene.
Louis Malle, una volta letta la sceneggiatura, telefona entusiasta a Wallace Shawn per offrirsi di partecipare alla creazione del film, ma impiega parecchio tempo per convincere lo sceneggiatore che non si tratta di uno scherzo. Il famoso regista francese, che aveva appena conquistato il pubblico americano con il capolavoro Atlantic City (1980), è però davvero ansioso di prendere parte al progetto. Il suo primo contributo consiste nel taglio di alcune scene del copione, rendendo così la durata della pellicola alla portata di un pubblico più vasto.
La sensibilità di Malle regala però il suo meglio in una fotografia sobria e sofisticata al tempo stesso, con un ritmo perfetto di primi piani alternati alle inquadrature d’insieme che sottolinea reazioni, tensioni e momenti di intesa tra i due protagonisti. Finezze visive come i riflessi negli specchi e dettagli sonori come il brusio proveniente dagli altri tavoli contribuiscono alla creazione di un’atmosfera assolutamente realistica, mantenendo l’illusione che la vicenda si svolga in tempo reale.
D’altra parte la bravura dei due interpreti è innegabile ed equivalente. Gregory, narratore straordinario, cattura la fantasia dello spettatore senza risultare mai banale o noioso, mentre Shawn riesce a far trasparire attraverso minime alterazioni del viso incredulità, divertimento o seria preoccupazione per la sanità mentale dell’amico: reazioni che risultano particolarmente comiche se confrontate con l’impassibile professionalità del cameriere, unico pretesto per le rare interruzioni e occasionale testimone della chiacchierata.
Il risultato è un confronto ricco di spunti di riflessione e considerazioni interessanti, per tutti gli appassionati della materia, sul teatro, che presto si fa metafora esistenziale. I ragionamenti che ne derivano risultano però incredibilmente ancora attuali e alla portata di tutti, poichè in fondo il film, seppur così particolare e unico, prende spunto da un episodio che potrebbe capitare a chiunque: rimanere incastrati contro la propria volontà in una serata con qualcuno che si ignorava da tempo, per scoprirsi alla fine coinvolti in una conversazione piacevole e interessante, anche se l’interlocutore ha una visione del mondo completamente diversa dalla propria.