ALL CATS ARE GREY: DAI THE CURE AL RUMORE DELL’ABBANDONO, PARTE COSì IL DRAMMA FAMIGLIARE DI SAVINA DELICOUR
VOTO: 3/5
“In the caves all cats are grey”, cantavano i The Cure nell’album Faith del 1981. A fare da sottofondo non sono solo i The Cure, ascoltati nelle cuffie da un’adolescente, ma il rumore del silenzio, delle cose non dette, delle mancanze e soprattutto dell’abbandono. Il film, diretto da Savina Decour porta lo stesso titolo della famosa canzone e ne riproduce il ritmo malinconico dal sapore nostalgico.
Dorothy ha solo 16 anni e viva tra eccessi e paure la sua adolescenza. Spinta anche dal difficile rapporto con la madre decide di ritrovare suo padre, quel padre che in realtà non ha mai conosciuto. Dopo l’incontro con Paul, detective secreto, si sente pronta per farsi aiutare in questa ricerca tanto difficile quanto dolorosa. Tra ombre e chiaroscuri la piccola Dorothy finirà per conoscere una verità scomoda e in fin dei conti non così distante da quel mondo che si era immaginata.
Un racconto fatto di distanze e abbandoni dove non manca certo il difficile rapporto tra madre e figlia, quel problema generazionale che finisce sempre per incidere. Le due donne sembrano dall’inizio della pellicola così diverse da non poter crear alcun rapporto. Il loro modo di comunicare inciampa in silenzi e fraintendimenti che sembrano insormontabili. Fin qui nessuna trovata innovativa, ma quello che dona interesse a All cats are grey è la somiglianza strepitosa nei modi e negli sbagli che lega per l’intero svolgimento madre e figlia. Due esseri apparentemente a miliardi di kilometri e in realtà vicine, incapaci però di trovarsi.
Nulla rende il film di Savina Delicour eccezionale ma è impossibile, almeno per qualche istante, non lasciarsi coinvolgere dal dramma di questa giovane che, oltre all’adolescenza, è costretta a fare i conti con la mancanza, mancanza che la rende incapace di sentirsi al posto giusto. Il film scorre sempre con lo stesso ritmo riportando in immagini la nostalgia che i The Cure evocavano.