IL PROSSIMO FILM DI NATALE DESTINATO AI BAMBINI, UNICO PUBBLICO CHE FORSE PUÒ APPREZZARLO
Presentato come una delle prossime pellicole del periodo natalizio, Il mio amico Nanuk (Midnight Sun) narra della storia dell’amicizia nata tra Luke, ragazzino che vive nelle terre dell’Artico Canadese, e un cucciolo di orso bianco, Nanuk appunto, la cui madre è stata trasportata in terre più lontane per motivi di sicurezza. Luke decide così di riportare il piccolo mammifero dal genitore, affrontando la bellissima ma ostile terra artica, fatta di ghiacci che si spezzano, tempeste che non perdonano e acque che congelano. Nonostante queste ostilità, il giovane non demorde nel suo intento, riuscendo alla fine a compiere l’obiettivo che si era prefissato e tornando a casa sano e salvo.
Il film di Roger Spottiswoode, che si è avvalso di alcune sequenze girate dall’autore del soggetto, Brando Quilici, presenta i contorni di una favoletta banale, il cui eventuale contenuto moralistico viene di fatto annullato dalla messa in scena ridicola e a tratti imbarazzante. Il fatto che si stia facendo un film destinato a un pubblico di bambini non significa che si debba necessariamente utilizzare un registro linguistico al limite dell’inutilità. Oltre a dei dialoghi che sfiorano l’assurdo, la pellicola, aggravata da un’atmosfera di fastidiosa irrealtà, offre allo spettatore basito immagini da documentario dell’Artico, con tanto di inquadrature sgranate, che appaiono saltuariamente come corollario non necessario di una vicenda che non ne trae giovamento alcuno.
Anche se i messaggi veicolati, e scontati, potevano essere dei più nobili – il ridimensionamento della misura antropologica nei confronti di un ecosistema preesistente e la maturità dell’individuo come percorso da non reprimere – la loro realizzazione filmica ne segna il fallimento: per poter apprezzare, almeno in parte, qualcuno di questi insegnamenti, gli occhi posti di fronte allo schermo devono necessariamente essere quelli di un bambino, terreno fertile per qualunque tipo di semina non essendo ancora capace di selezionare l’utile dall’inutile.