WE ARE YOUNG, WE ARE STRONG, PUGNO ALLO STOMACO PER IL FILM DI QURBANI SULLE VIOLENTE VICENDE DI ROSTOCK DEL 1992
Una pagina storica da eliminare fa da sfondo a tre fili narrativi che si intrecciano, per poi trovare il loro coronamento in quella che venne poi definita “La notte di Fuoco”. A Rostock la tolleranza sta raggiungendo il limite, causa principale, il grande numero di “gipsy” che invadono il quartiere, suscitando tra i residenti malcontento e irritazione, soprattutto forse per le modalità non proprio ortodosse adottate da questi.
Su questo sfondo narrativo facciamo la conoscenza di tre personaggi appunto. Stefan un ragazzino annoiato che con il suo gruppo di amici dotati della sua stessa apatia, ammicca al nazismo, e mette a tacere anche i suoi stessi sentimenti. Poi c’è Lien una giovane vietnamita, con l’ambizione di diventare tedesca a tutti gli effetti, che lavora e fa di tutto per affermare la sua presenza, esibendo documenti e forza d’animo per provare i suoi diritti. Infine troviamo il padre di Stefan, segretario del partito vigente, in preda ad un conflitto interiore che lo mette di fronte alla necessità di agire, cosa che forse, anzi probabilmente, non ha mai fatto.
C’è tanto da dire sull’opera di Qurbani, innanzitutto scatena un sentimento su tutti durante la visione, quello della frustrazione. Nei momenti in cui assistiamo a scene di totale vigliaccheria da parte di chi dovrebbe prendere in mano la situazione capiamo che non si tratta solo di un film, ma di un vero e proprio viaggio all’interno delle dinamiche dell’animo umano, non evidenziate in nessun modo da caratteri più o meno forti della personalità, anzi, ma da un totale abbandono alla sequenza degli eventi, gli stessi che poi sfoceranno in violenza, paura e sgomento durante quella fatidica notte.
L’ambientazione glaciale, resa ancor più fredda dalla scelta di utilizzare il bianco e nero sullo schermo, esplode, lascia il suo posto ad un unico tono cromatico, quello del fuoco, delle bombe e dell’intolleranza ingiustificata anche verso chi fa di tutto per essere parte di una società, nonostante accetti la serenità di una vita ai margini della stessa.
La moltitudine di personaggi inseriti attorno ai tre protagonisti è chiave di un sistema capace di plasmare ogni piccola sfaccettatura dell’animo umano utilizzando mezzi come la violenza, il ricatto, il conflitto d’interessi, ed il compromesso politico. Il richiamo a vecchie dittature si rivela metodo efficace aggregare masse senza valori, che combattono senza sapere chi è il nemico, mosse solo dalla rabbia di non aver nulla da dire piuttosto che agire su loro stessi invece che sfogare il proprio risentimento sugli altri.
Ottima pellicola, forte e concreta, pecca forse dal punto di vista della tempistica, che rischia delle volte di rallentare eccessivamente l’intreccio narrativo, ma sicuramente prodotto interessantissimo di questo Festival che emerge di sicuro per il suo carattere capace di colpire con un “pugno allo stomaco” lo spettatore.