Safe Haven di Lasse Hallstrom: missing in Italy

SAFE HAVEN, ANCORA UNA STORIA D’AMORE DALLA PENNA DI NICHOLAS SPARKS

safe haven locandina filmGENERE: drammatico

DURATA: 115′

VOTO: 2 su 5

Nicholas Sparks e il cinema da sempre si è rivelata una coppia vincente. Fin dalla sua prima opera letteraria, Le pagine della nostra vita (The Notebook), si è cominciato ad adattarlo per il grande schermo, creando un capolavoro cinematografico che rimane negli annali dei più bei film romantici di sempre. E così per i romanzi a venire con i celebri film Le parole che non ti ho detto, I passi dell’amore, Come un uragano. Ma se i quattro appena citati sono entrati meritatamente nella top list di genere, non si può dire lo stesso delle ultime trasposizioni. Già da Dear John, passando per The Last Song e Ho cercato il tuo nome, fino all’ultimissimo Safe Haven (Vicino a te non ho paura) i romanzi sull’amore di Sparks sono diventati film dal target teen, con attori che per lo più recitano in film teen, fastidiosamente ‘troppo’ adattati per il cinema da sentirli veri.

Safe Haven si apre a tinte thriller, con un apparente omicidio di un uomo per mano di una donna. La donna si chiama Katie (Julianne Hough), e aiutata da una vicina di casa prende il primo pullman diretto verso ogni dove e scende nella minuscola cittadina vai e vieni di Southport. Con un segreto inconfessabile alle spalle e la voglia di ricominciare da capo la sua vita, la paura dell’essere scoperta si nasconde nell’ombra del trascorrere dei giorni. In compagnia di Joe (Cobie Smulders) e di Alex (Josh Duhamel) al quale aprirà nuovamente il suo cuore, Katie tenta di dimenticare il passato, finché questo prepotentemente non la andrà a trovare, con la violenza di chi vuole la vendetta che non ha mai smesso di desiderare.

Anche in questo caso quindi, i temi tanto cari allo scrittore li ritroviamo in tutta la loro prestanza: la voglia e la ricerca dell’amore vero, anche se non profondamente analizzati come in altri film, sono il motore di un lungometraggio che però tocca e apre troppe tematiche che poi si dimentica di chiudere. Il destino della donna si intreccia alla violenza di genere, ai problemi di alcool, all’abuso di potere. Sebbene il filo conduttore sia chiaro, troppe ramificazioni deviano lo spettatore e non gli permettono di sentirsi pienamente coinvolto nè di capire su cosa concentrare la propria attenzione.

Il regista Lasse Hallstrom non riesce a dare una propria impronta personale all’adattamento, tanto da non centrare neanche un genere propriamente. Se abbiamo detto infatti che inizialmente la situazione è quella classica dei thriller, assume poi le sembianze di un banalissimo film romantico, per concludersi con un tono assurdamente drammatico. Save Haven purtroppo è un prodotto comprato scaduto. Uno di quelli che volendo puoi anche provare ad assaggiare, ma con il rischio consapevole di sentirti male.

 

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