THE SNATCH È UN QUADRO VIOLENTO, FRENETICO E UMORISTICO DELLA CRIMINALITÀ (QUASI) ORGANIZZATA
Dopo qualche settimana passata ad analizzare il cinema Hollywoodiano per questa occasione si torna dall’altra parte dell’oceano, più specificatamente in Inghilterra, in un paese culla di molti talenti fra i quali si è riuscito a fare un nome il cineasta Guy Ritchie. Con il debutto su grande schermo dello splendido Lock & Stock – Pazzi scatenati (1998), il regista britannico a distanza di soli due anni aggiusta il tiro, portando delle migliorie al suo personalissimo genere cinematografico sintetizzato con il film The Snatch – Lo Strappo (2000). A differenza del primo lungometraggio, Ritchie allarga i suoi orizzonti dando internazionalità ai suoi personaggi di periferia, riuscendo così a sceneggiare una fitta trama fatta di incastri dove tutto viene chiarito solo durante le frenetiche battute finali.
Un diamante grande quanto una pallina da golf viene rubato in una gioielleria di Anversa. Per fare da corriere viene incaricato Il giocatore d’azzardo Frankie quattro dita (Benicio Del Toro) di ritorno a Londra per piazzare la pietra preziosa. Questo brillante farà gola a molti e la voglia di averlo coinvolgerà direttamente, e non, tutti i protagonisti. Un intreccio all’apparenza debole, legato da un impercettibile filo conduttore: dal Turco (Jason Statham) e il suo fedele amico Tommy (Stephen Graham) indaffarati ad organizzare incontri di boxe truccati con il pugile Mickey (Brad Pitt), fino ad arrivare allo spietato gangster Testa Rossa (Alan Ford) anche lui appassionato di pugilato, che dopo l’incontro con i due “mezzi” criminali Sol (Robbie Gee) e Vinnie (Lennie James) inizia ad interessarsi fortemente al valore del prezioso.
Un vero campionario di personalità, capace di intrattenere il pubblico incalzandolo continuamente attraverso un minutaggio lungo all’incirca 104 minuti di pellicola.
Una regia eseguita con personalità che osa nel montaggio convulso, quasi schizofrenico, e nello stile al limite del fumettistico. Questo intrigato mosaico porta a delle inquadrature complesse, fatte di continue accelerazioni che mettono alla prova anche il più attento spettatore. Ogni dettaglio ha un suo perchè, anche il più insulso, rendendo maniacale il lavoro del regista che distrae volutamente il pubblico con un fitto contenuto dove l’essenziale è la dinamica di ogni cosa: tutto è rilevante per Guy Ritchie. Nello strappo niente va mai come deve andare e non esisterebbe un modo giusto per raccontarne gli eventi, bisogna solamente mettersi seduti davanti allo schermo e lasciarsi trascinare in un vortice fatto di gag esilaranti dal sapore amaro.
Queste situazioni sono state scritte e sviluppate sempre dal regista, che quando rende i momenti di azione meno serrati riesce ad introdurre qualità ed originalità a dei dialoghi che da soli valgono il prezzo del biglietto. Un prodotto non amato dai perbenisti, che si fa vanto del non essere politicamente corretto. A tutto questo c’è un incredibile susseguirsi di citazioni, che hanno reso il film ancora più amato in larga scala, fra le quali la lotta a mani nude in puro stile Fight Club (ancora una volta con Brad Pitt al centro di tutto), la scena nel bagno con schizzata di sangue su piastrelle bianche che richiamano all’attenzione Full Metal Jacket o semplicemente il modo di introdurre e presentare i personaggi che richiama molto il cinema anni ’70.
Tutte queste fantastiche qualità ovviamente sfociano nel lavoro impeccabile del cast, formato da una schiera di attori (ai tempi) low-cost ad eccezion fatta per la star Brad Pitt interprete di un furioso Mickey, capace di regalare ancora una volta una figura iconica al mondo del cinema.
The Snatch: pulp, irriverente, esilarante e ai limiti del grottesco. In sintesi una splendida Opera creata per intero da un vero Maestro del Pop cinematografico quale è stato un tempo Guy Ritchie, che come molti ha venduto l’ anima al diavolo, cadendo sotto i colpi dei franchise cinematografici (vedere i due capitoli di Sherlock Holmes per credere) e dei loro cospicui incassi.