Blockbuster Memories: Scarface

SCARFACE: DA ZERO A CENTO CON LE MANI IMMERSE NEL SANGUE

Scarface_filmforlifeDurante il ciclo evolutivo del cinema d’oltre oceano molti autori hanno cercato di rappresentare in modo vincente il sogno americano. Sicuramente fra le varie storie, una delle più coraggiose e meno comprese è quella del film Cult Scarface, remake dell’omonima pellicola del 1932 di Howard Hawks .

Diretto da Brian De Palma e scritto da Oliver Stone nel 1982, l’Opera si discosta fortemente dall’originale.  Mentre il primo lungometraggio si svolgeva durante gli anni del proibizionismo questo sposta l’attenzione sull’esponenziale crescita dello spaccio di droga e del controllo totale da parte della criminalità organizzata in larga scala, mantenendo come punto in comune il delicato stato mentale del protagonista.

1980, Fidel Castro ha appena concesso l’espatrio ai cubani, riuscendo così a risolvere anche il sovraffollamento nelle proprie prigioni. Florida, Tony Montana (Al Pacino) insieme al suo amico Manny (Steven Bauer) sono due immigrati cubani che, da semplici lavapiatti diventano trafficanti di droga milionari scalando velocemente l’avida società americana durante l’era politica di Reagan.  Soldi, potere e una moglie (Michelle Pfeiffer) danno a Tony la sensazione di aver trovato i giusti equilibri . Questo delirio di onnipotenza però, in breve tempo, farà cadere il protagonista in un rapido quanto doloroso tracollo che lo porterà ad una dipendenza alle droghe seguita da un consequenziale stato di paranoia continua. Il sanguinoso finale è un paradosso voluto,  dove il protagonista paga il prezzo di un’unica buona azione fatta con la propria vita.

De Palma dirige egregiamente questo gangster movie cercando di calcare il più possibile il delicato stato mentale del protagonista. Questa anima perduta viene data in mano ad Al Pacino che, tramite un immersione totale nel Metodo Stanislavskij, regala un’interpretazione intensamente mostruosa. A lui si aggiunge la sensuale performance di Michelle Pfeiffer, un’ attrice che, come Pacino, in quegli anni raggiungeva la sua massima espressività artistica.

Nonostante questo il film non ebbe i suoi giusti premi e fu criticato in modo superficiale per il suo linguaggio ritenuto dai molti estremamente sboccato e per l’eccessiva e degenerante violenza, invece di essere apprezzato per i suoi rilevanti riferimenti alla politica del periodo.

Non a caso è  Oliver Stone a scrivere questa trama che, oltre ad avere un interesse politico nel raccontarla, cercò di utilizzarla come terapia per curare la sua dipendenza dalla cocaina. Lo sceneggiatore denuncia una classe politica  impotente, che preferisce la lotta contro la liberalizzazione delle droghe a discapito del problema vero, il crimine organizzato. In più di un occasione lo stesso Montana afferma che la società ha bisogno di persone come lui, cani sciolti o semplici capri espiatori sui quali puntare il dito. A confermare questa tesi c’è un cruento finale del tutto diverso dal film del 1932, dove vediamo lo sfregiato perire per mano della mafia e non della polizia.

Senza bavaglio, senza freni ne peli sulla lingua. Scarface rimane un’Opera provocatoria, mirata a mostrare il lato oscuro del sogno americano.

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