IL CINEMA SI INTERROGA: INCONTRO ANEC TRA ITALIA E FRANCIA
L’incontro è stato richiesto e fortemente voluto, quindi ottenuto. Paladina del mese quell’Anec Lazio che ci prova davvero a capire dove risieda il problema nel cinema italiano e per farlo chiama in causa i cugini franzosi. Parigi risponde, invito ufficiale all’ambasciata di Francia, quel Palazzo Farnese troppo bello per averglielo concesso (parere personale) e via ai lavori. Anzi al mini convegno da cui sarebbe dovuto uscire una soluzione al nodo “italicum”, o meglio al raffronto tra due paesi vicini e lontani allo stesso tempo.
Come mai la Francia, seconda industria del mondo in quanto ad opere cinematografiche, esclusa Bollywood, sia così distante da noi? Ciò che ne è uscito è il solito guazzabuglio di accuse reciproche, frecciate velenose tra distribuzione ed esercenti, attempati signori che si scagliano contro una politica inadempiente, modelli idolatrati e un discorso generale che, come al solito non porta da nessuna parte.
Non v’è stata proposta alcuna, insomma, solo il tentativo di emulare un paese che, ammettiamolo, a livello culturale è nettamente più avanzato di noi. Possibile che in Italia per far uscire un film a livello regionale servano 5-6 passaggi burocratici? Siamo come una mandria di elefanti che si tuffa su una torta striminzita per arrivare ad un pubblico sempre più esigente. E gli incassi segnano questa crisi di valori, altro che economica, il solo interesse di satollare il proprio stomaco non ci permette di svincolarci dai canoni italioti. Ad ognuno il proprio orticello, leggesi multiplex e poco importa delle sale di periferia.
Bruno Blanckaert, proprietario del Gran Rex di Parigi, la sala più frequentata d’Europa, e Hugues Quattrone, responsabile del Centro Nazionale di Cinema, gli ospiti transalpini, hanno spiegato che da loro l’aiuto statale arriva attraverso forme di finanziamento selettive e automatiche, le quali grazie agli ultimi 30 anni di oculati provvedimenti legislativi (vedi Tassa di scopo) ha permesso all’industria di rifiorire. Questo è lavorare su lungo raggio, seminare e poi raccogliere. 30 anni, non 30 giorni.
Giorgio Ferrero, presidente Anec Lazio, dice che ad esempio a Roma ci sono troppi cinema dismessi. Ma questa è solo la coda della voragine organizzativa, il problema è la mancanza di un’adeguata struttura e non basta nemmeno snellire i regolamenti come suggeriva Andrea Occhipinti, presidente dei distributori Anica. Sappiamo i sintomi ma non riusciamo a curarli.
Per cominciare bisognerebbe avere il coraggio di sradicare mentalmente il pensiero antico, tagliare teste e sostituirne con nuove, dare spazio ai vertici a giovani come Martha Capello e dare credito a società di produzione che annaspano senza finanziamenti degni di nota. Questa è una proposta, abbattere i costi mantenendo alta la qualità: si può fare! In questa direzione, a quanto pare ci sarà presto una legge per l’apertura delle sale attraverso l’utilizzo necessario del mediatore cinematografico, che permetterebbe di unire in maniera fluida investitori stranieri con le produzioni nostrane.
Siamo proprio sicuri che l’ennesima figura di mezzo sia utile alla causa? A Parigi funziona, da noi verrebbe sconsacrato alla prima bocciatura del box office. Spero vivamente di sbagliarmi…perchè ne abbiamo bisogno come il pane. Baguette, ovviamente.