FERMOIMMAGINE: L’ARTE DELLA FELICITÀ, IL PICCOLO CAPOLAVORO CHE HA STUPITO IL MONDO
L’arte della felicità è uno strano programma radiofonico, dove commoventi brani musicali si alternano ai monologhi filosofici del misterioso conduttore. La sua voce suadente accompagna il pubblico attraverso il film, ma soprattutto tiene compagnia a Sergio durante il lavoro, fatto di infinite peregrinazioni alla guida di un taxi. Da quando ha saputo della morte del fratello, infatti, Sergio non è più sceso dalla macchina: accanto a lui viaggiano un plico di fotografie, un mare di sigarette e, ancora sigillata, l’ultima lettera che Alfredo gli ha mandato dal Tibet.
Sono passati dieci anni da quando i due fratelli si sono salutati su una banchina del porto di Napoli: Alfredo è partito per diventare un monaco buddista, abbandonando la famiglia e la musica, la grande passione che condivideva con Sergio. Rimasto solo a suonare, anche Sergio ha abbandonato il pianoforte e qualunque ambizione, limitandosi a vagare per le vie della città. A interrompere la sua routine e illuminare il triste momento arriva però Antonia, cliente senza una destinazione da raggiungere.
La prima cosa che stupisce de L’arte della felicità è la bellezza delle sue scenografie. Che si tratti della catena montuosa tibetana o del golfo di Napoli sotto la pioggia, le inquadrature, i colori, le luci e le ombre contribuiscono a creare dietro ai personaggi infiniti quadri capaci di mozzare il fiato. Il merito è dello stesso Alessandro Rak, non solo ideatore del soggetto, sceneggiatore e regista del film, ma anche responsabile della scenografia. Il risultato è ancora più sorprendente se si pensa che ad aiutarlo c’erano solo dieci collaboratori, tra disegnatori ed esperti di animazione.
In realtà la realizzazione dell’intera pellicola è frutto di un record: soltanto quaranta persone hanno lavorato al film, formando la squadra meno numerosa (per un lungometraggio animato) che la storia del cinema ricordi. Un primato ampiamente ricompensato dai riconoscimenti ottenuti non solo in patria, ma anche all’estero. L’arte della felicità, aprendo la settimana della critica internazionale della 70ª Mostra del cinema di Venezia, ha guadagnato una menzione speciale per il premio FEDIC ed è stato decretato Miglior film italiano dal premio CinemaGiovani. In Europa ha poi guadagnato il titolo di miglior opera prima al London Raindance Film Festival e il premio come miglior film d’animazione agli European Film Awards.
Sia Alessandro Rak che il produttore del film, Luciano Stella, hanno dedicato le numerose vittorie alla loro amatissima città. Nel film Napoli viene mostrata con disarmante sincerità: accanto alle meraviglie paesaggistiche e architettoniche trovano spazio sul grande schermo anche le strade invase dai rifiuti, ma l’omaggio al suo spirito è innegabile e traspare durante tutta la vicenda, soprattutto attraverso la colonna sonora. Le voci di autori partenopei come Foja, Ilaria Forni, Francesco Graziani, Joe Barbieri e Gnut si alternano alle musiche originali di Antonio Fresa e Luigi Scialdone, arricchendo il sottofondo musicale sino a renderlo a tutti gli effetti un altro protagonista del film.
L’arte della felicità è un piccolo gioiello nato tra le speranze e i ricordi del cinema italiano: la squadra di Rak ha infatti lavorato in piazza del Gesù, nello stesso palazzo dove furono girati Matrimonio all’italiana e l’episodio de l’Oro di Napoli in cui De Sica giocava a carte con il figlio del portiere.