Cenerentola: passo indietro nella emancipazione

KENNETH BRANAGH RIPROPONE LA FAVOLA AMBIENTATA NEGLI ANNI ‘50

cenerentola_2015_filmforlifeLa Carica dei 101, Alice in Wonderland, Maleficent: la Walt Disney non è di certo nuova a trasformare con la sua bacchetta magica i classici che hanno fatto la storia dell’animazione in live-action. Spesso, molto spesso, il risultato è deludente per quanto la casa di produzione statunitense abbia affidato alcuni dei suoi progetti anche a registi del calibro di Tim Burton, come nel caso della rivisitazione di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Il prossimo 12 marzo arriverà in sala Cenerentola. Anche stavolta a dirigere la favola popolare, le cui origini risalgono addirittura all’antico Egitto è stato un regista d’eccellenza: Kenneth Branagh ha fatto sua la storia dell’orfanella costretta dalla matrigna e dalle due sorellastre a diventare la loro serva senza cambiare in alcun modo la disneyana versione, tanto amata dal pubblico consegnando ai bambini di ieri e di oggi un lungometraggio addirittura superiore all’originale grazie alla straordinaria interpretazione di Cate Blanchett, nei panni di Lady Tremaine, e del cameo di Helena Bonham Carter in quelli della Fata Madrina.

Branagh ha deciso di non toccare in alcun modo la morale, per quanto antiquata, del Classico Disney ma di suo ha aggiunto una regia immaginifica e dei momenti di grande ironia che a loro modo rendono più contemporanea, meno “monotona” la narrazione. Oggettivamente la Cenerentola di Branagh è il live-action più riuscito della Walt Disney proprio perché estremamente legato alle sue “origini” ma se questa, da una parte, è la grande virtù del film dall’altra è una pecca almeno per quanto riguarda l’”emancipazione delle Principesse Disney”.

Le figure femminili della Walt Disney sono estremamente legate al periodo storico nel quale i lungometraggi animati sono stati prodotti ed è per questo che è possibile notare, di anno in anno, di film in film, di Principessa in Principessa un cambiamento nel modo di rappresentare la donna nei film di disneyana matrice.

Tutto cominciò nel 1937 con Biancaneve e i sette nani dove la protagonista era una candida e sprovveduta ragazza dai capelli neri passata dall’essere figlia adorata di un padre amorevole, a vittima dell’invidia di Grimilde per poi diventare colf di sette uomini e moglie di un meraviglioso Principe. Da allora le donne e la Disney ne hanno fatta di strada e non è affatto un caso che nell’ultimo lungometraggio animato appartenente al “franchise Principesse”, Frozen – Il Regno di Ghiaccio, a salvare la donzella in pericolo non è il bacio del vero amore ma l’atto del vero amore di una sorella verso l’altra. L’inutilità del maschio alfa è stata ripresa anche nella contemporanea versione della storia di “La Bella Addormentata” raccontata nel film dell’esordiente Robert Stromberg “Maleficent” che riscrive completamente la favola non solo perché redime la crudele villain ma soprattutto perché racconta un rapporto tutto al femminile tra le due protagoniste Aurora e Malefica.

Il Classico Disney Cenerentola è apparso per la prima volta sui grandi schermi nel 1950: nonostante nel mondo “reale” esistessero già allora donne in grado di difendere il proprio “genere” – basti pensare a Simone De Beauvoir – poteva essere ancora coerente raccontare la storia di una fanciullina orfana e sottomessa dall’invidia e dall’avidità della matrigna e delle sorellastre ma nonostante questo buona, cara e perennemente sognatrice. La morale “se fai la lagna arriva la fatina che risolve i problemi” della quale Cenerentola è portatrice sana è un tantino anacronistica se non addirittura offensiva oltre che del tutto fuorviante.

Non si sentiva, quindi, alcun bisogno di riportare in auge la bionda slavata che parla con i topolini soprattutto nel momento in cui la Disney nel suo recente passato è stata in grado di dare alla luce un’eroina come Brave, la rossa ribelle che con arco e frecce gareggia per ottenere la sua mano in un mondo fallocentrico che la vuole sposa fedele di uno sconosciuto. La speranza è che la Cenerentola di Branagh non rovini le menti della futura generazione come ha fatto, insieme a Candy Candy, la Cenerentola classica con quelle del passato.

 

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