L’epopea di un uomo alla ricerca del perdono in Everything Will Be Fine il nuovo lungometraggio di Wim Wenders.
Lo promette anche nel titolo, Wim Wenders: Everything Will Be Fine. Tutto andrà bene. Il regista tedesco a sette anni da Palermo Shooting torna a dirigere un film di finzione dopo aver lavorato a parecchi cortometraggi e a due documentari di grande poesia, Pina e Il sale della terra. La storia del romanziere Tomas (James Franco), la cui vita cambia completamente quando per errore uccide un bambino con la macchina, è arrivata nelle mani del cineasta quasi per caso. A spedirgliela è stato Bjørn Olaf Johannessen, un giovane sceneggiatore premiato anche al Sundance. Tra Wenders e quel racconto è stato subito amore e il risultato si vede in ogni immagine, in ogni silenzio e in ogni momento del lavoro dell’autore che dopo Pina ha scelto di riutilizzare la tecnica del 3D.
Tomas, come quasi tutti protagonisti dei film di Wenders, è un uomo fondamentalmente solo la cui vita è messa in discussione per una beffa, crudele, del destino. Dal momento in cui lo scrittore toglie senza volere la vita a un bambino è come se le emozioni che siano di gioia, di paura o di dolore non lo sfiorassero più e per molto tempo l’uomo i cui successi privati e professionali sarebbero un buon motivo per dimenticare, non fa altro che cercare un segno di perdono.
Il senso di colpa di uomo che non può diventare padre e di una donna che non è più madre come prima a causa della perdita di uno dei due figli s’inseguono, come in una danza, per tutta la durata del film nella speranza di poter lenire, senza possibilità, il male. E in questi movimenti di camere e di anni che passano, stagione dopo stagione, tutto cambia tranne il “non sentire”. Ma tutto andrà bene, continuano tra loro a ripetersi i personaggi come se ne fossero certi nel desiderio, potente, che sia così.
Wenders consegna al pubblico con Everything Will Be Fine la “sua” favola: senza buoni, senza cattivi senza, principi né tantomeno principesse. Una favola di vita fatta di primi piani, di paesaggi bianchi di neve o carichi d’autunno. Una serenità di sottofondo aleggia come un profumo per tutta la durata del lungometraggio che in ogni momento, anche quello più duro, non smette di ricordare che le cose, alla fine, andranno bene. E se lo dice Wim Wenders, e lo dice così, non ci si può che credere.