Knight of Cups: recensione film

TERRENCE MALICK CONSEGNA ALLA 7° ARTE LA “SUA” GRANDE BELLEZZA

Knight_of_cups_filmforlifeGENERE: drammatico

DURATA: 120 minuti

VOTO: 4 su 5

La differenza tra la prosa e la poesia è la stessa che c’è tra il film di un qualsiasi regista e un’opera d’arte cinematografica di Terrence Malick. A tre anni da To The Wonder il meno americano dei registi statunitensi fa, a modo suo, quello che David Cronenberg ha fatto con Maps to The Stars e che Paolo Sorrentino è riuscito a fare con La Grande Bellezza, ovvero racconta della vacuità di un’epoca, la nostra, e dei suoi personaggi in cerca d’altrove ma rinchiusi nella gabbia di cristallo della loro esistenza.

Il Cavaliere di Coppe che dà il titolo al lungometraggio di Malick, Knight of Cups, è Rick (Christian Bale) silenzioso sceneggiatore che è destinato ai corsi e ricorsi storici di una vita fatta di feste, di donne che passano, di rapporti che non accennano a evolversi anche se legati dallo stesso sangue. Il film di Malick si divide in capitoli ognuno dei quali ha il nome di una carta dei tarocchi come a sottolineare che non è un caso, ma neanche una scelta, che le cose rimangano ferme, inermi, nel limbo dell’edonismo.

Se fino alla sua penultima fatica e, ancora prima, con Tree of Life il cineasta ha tentato di descrivere l’evoluzione qui qualcosa è cambiato (forse il mondo?) e sono l’immobilismo e la resa i sentimenti prevalenti in Knight of Cups lungometraggio forte di lunghi silenzi e monologhi. Malick consegna al pubblico, che nei suoi confronti è sempre spaccato di opinioni, una personalissima versione de La grande bellezza. Non a Roma ma in quella Los Angeles le cui anime inanimate, ed esanime, sono state descritte con chiarezza di recente in quella “mappa delle star” che Cronenberg ha tracciato, Malick narra la vita di un Jep Gambardella d’Oltreoceano troppo giovane e troppo americano per essere crudele come quello interpretato da Tony Servillo.

È come le onde di quella spiaggia californiana in cui Rick si bagna sempre i piedi per assaporare a suo modo la libertà salata che mai avrà da se stesso la vita del protagonista di Knight of Cups che giorno dopo giorno si carica, diventa schiuma frizzante e s’infrange. Per ripetersi ancora e ancora.

 

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