“LE GAMBE DELLE DONNE SONO DEI COMPASSI CHE MISURANO IL GLOBO TERRESTRE DONANDOGLI IL SUO EQUILIBRIO E LA SUA ARMONIA”
La fine di una vita come inizio di un film. La vita di Bertrand Morane, il film di François Truffaut. Entrambi i nomi appartengono agli artefici de L’uomo che amava le donne, racconto autobiografico nel primo caso, film nel secondo. Entrambi narrano la vita dello stesso uomo: un amatore – fino alla morte – del genere femminile, colui che dedica ogni suo sguardo, ogni sua energia alla ricerca di una donna, della donna, di ogni potenziale amante per una notte.
L’esistenza di Bertrand Morane – un ipnotico Charles Denner – narrata da François Truffaut in una delle sue ultime pellicole, non è quella del classico playboy, del donnaiolo, di chi cerca il sesso per puro piacere fine a se stesso, ma quella di un vero innamorato del sesso femminile, tanto da renderne indispensabile la sua compagnia. L’importanza è tale che ogni proposta di appuntamento si trasforma in una richiesta che sembra ne vada della sua vita, che ogni pretesto, che ogni modo per raggiungere il numero di telefono appartenente ad un’avvenente donna, sia lecito. Un’inesauribile ricerca che però non contempla un eccessivo coinvolgimento, tanto che non si permette di passare una notte intera assieme ad una donna. Una rigidità che trasmette più un’attrazione nei confronti dell’idea di amore, che non di un amore nei confronti di una donna. Molte vengono conquistate dal suo malinconico fascino, dalla sua necessità di amare, ma quando una di esse gli darà un “echec inattendu”, uno “smacco inatteso”, Bertrand tornerà sui suoi passi per riflettere, e decidere di raccontare a se stesso la sua stessa vita in un libro. E’ così che conosciamo tutta la storia, che farà scorgere la figura di un uomo che forse non era così emozionalmente slegato dal sentimento amoroso e che forse arriverà ad amare. Una storia che va dall’adolescenza fino ad arrivare al districarsi degli eventi che lo hanno portato all’inevitabile fine. Il nostro inizio, il suo funerale.
Punti di forza di questo classico del cinema francese sono senza dubbio la sceneggiatura e l’interpretazione di Charles Denner.
L’attore francese, di grande fascino e bravura, riesce a conferire al suo personaggio una particolare intensità unita ad un‘inquietudine che lo porta alle volte ad un movimento nervoso del corpo e del volto, sempre in un perenne stato di tensione, di ascolto verso l’altro sesso per poter perseverare nella sua ricerca, mantenendolo, agli occhi dello spettatore, sempre in bilico tra una patologica ossessione e una vitale passione.
La sceneggiatura è scritta dal cineasta parigino assieme a Michel Fermaud e Suzanne Schiffman, sceneggiatrice che per anni ha condiviso con Truffaut un sodalizio lavorativo fino alla morte dell’artista francese e che trasmette all’opera un indiscusso contributo dal punto di vista femminile.
Il testo riesce, con l’escamotage del flashback che compie più salti temporali usufruendo di più narratori, a tenere il pubblico sempre più interessato e coinvolto nella vita di questo inquieto protagonista.
Sedurrà ancor più lo spettatore sapere che sono le esperienze personali dello stesso regista a comporre il soggetto del film. Truffaut venne infatti definito, in un articolo dello scrittore Henri-Pierre Roché , “seduttore seriale non appena cala la sera”. Lo stesso copione ispirerà l’autore nella stesura di un breve racconto dall’omonimo titolo.
L’uomo che amava le donne, a quasi quarant’anni dalla sua uscita (era il 1977), riesce a comunicare ancora oggi un’attuale immagine di seduttore che si discosta da quella del classico ‘Don Giovanni’ grazie alla complessità conferitagli, diventando così un ritratto immortale del gioco della seduzione.
Un’opera da riscoprire, per addentrarvi nell’universo di uno tra i più grandi ed ecclettici esponenti nel mondo della cinematografia francese del secolo scorso: François Truffaut.