ROY ANDERSSON GUARDA CURIOSO L’UMANITÀ COME UN PICCIONE SUL RAMO
Immaginate una serie di quadri in cui alcuni individui piu’ o meno strambi compiono delle azioni piuttosto surreali. E che ogni quadro vi fornisca, a suo modo, un tassello di una grande immagine di cui ancora non conoscete né la natura né il senso. È questa la sensazione che si ha guardando A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence (Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza), il film diretto dallo svedese Roy Andersson e vincitore del Leone d’Oro alla 71esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, che arriverà in Italia il 19 febbraio 2015, distribuito da Lucky Red.
Camera fissa per ogni quadro, in cui prevalgono i colori non colori. Uno dopo l’altro, questi quadri iniziano a definire i contorni di una storia umana, un po’ bizzarra ma sostanzialmente semplice: solitudini, dolore, un senso della morte imminente. Eppure si sorride, di quei sorrisi amari che quasi ti senti in colpa, perché, si, quel sentimento lì, un po’ da “sfigati”, lo abbiamo provato tutti.
È incredibile come una scelta così forte e che per nulla strizza l’occhio allo spettatore, riesca a tenerti incollato per tutta la durata del film. Si passa dalla morte alla passione nel flamenco, dalla tristezza all’amicizia, dalla normalità esasperata alla banalità del male di cui l’uomo è capace. Un film che già nel titolo promette qualcosa di sarcastico e vagamente filosofico.
Il titolo è un riferimento al quadro Cacciatori nella neve di Pieter Bruegel il Vecchio. Il dipinto difatti raffigura un paesaggio invernale, con alcuni uccelli appollaiati sui rami degli alberi, Andersson ha spiegato di aver immaginato come gli uccelli della scena guardassero le persone al di sotto chiedendosi che cosa stessero facendo. Lo avevo perso a Venezia, dannandomi, e sono contenta che arrivi nelle sale italiane, come una sfida. Chi andrà a vedere un film senza star, diretto da un autore svedese?
Eppure, sono convinta che i non amanti del genere rimarrebbero rapiti da questa rappresentazione malinconica del disagio umano. Pur chiedendosi che ci fa il re svedese Carlo XII in un bar e che senso mai avrà gonfiare le ruote della bici di mercoledì.