LA REGISTA SI RACCONTA, ONLINE IL SECONDO EPISODIO
Qualche settimana fa, abbiamo avuto occasione di parlare della webserie Endless, prima del suo lancio effettivo. Ora che è partita, in rete potete già trovare le prime due puntate, abbiamo intervistato la sua regista Lucilla Mininno, che ci ha raccontato le varie fasi del progetto, la sua personale esperienza con la lavorazione, e non solo, avendo anche modo di affrontare il discorso, più generale, del fenomeno odierno di questo particolare formato.
Da dove nasce l’idea e perché scegliere il genere del thriller onirico?
Lo spunto della serie nasce da uno spettacolo teatrale che avevo scritto qualche anno fa. Da lì e da qualche immagine che avevo in mente. Io procedo sempre per immagini, per suggestioni assolutamente visive, è quello il mio stile, e da lì parto per una costruzione della trama. Il caso di Endless, in particolare, e di altri lavori, non ha necessariamente una logica spazio-temporale, molto naturalistica, da qui la definizione di onirico. E’ un thriller, poi, perché è un puzzle che si compone, arginandosi man mano, ogni puntata. Lo spettatore dovrà alla fine mettere insieme tutti i pezzi per avere il quadro di quello che sta succedendo. Quindi l’onirico è legato a questo immaginario che io ho, che è molto visivo, e, come nella altre mie cose, non sempre ha a che fare con regole spazio-temporali, ma si avvicina più ai sogni. Questo è il mio modo, non c’è una scelta, da qui la definizione di thriller onirico.
Hai parlato della tua predilezione per il visivo. Nella prima puntata, infatti, ho notato che c’è poco parlato, compito affidato più alle immagini…
Nella storia ci sono delle parole, ci sono anche i dialoghi, che arrivano e sono funzionali alla comprensione, a dare qualche informazione di più, se no ovviamente lo spettatore è perso, di questo ne sono assolutamente consapevole. So che è una cosa abbastanza difficile, ma mi piace per questo. Nel primo episodio c’è una parola, addirittura, nel secondo non ce ne sarà nessuna. Poi nel terzo c’è un bellissimo dialogo tra due personaggi, e da lì che iniziano, negli episodi, a far ingresso le parole. Si passa quindi da un’introduzione più muta e poi man mano che andiamo avanti, s’incontrano le parole, sempre poche, sempre funzionali, sempre necessarie. Non ci sono molti dialoghi, anche perché le puntate sono talmente brevi che sarebbe inutile e fuori dalla poetica della storia. Però ci sono, servono, sono importanti. Sicuramente non sono tanti, anche perché non mi appartiene molto come stile, in questa serie più che mai. Insomma, trovo i dialoghi difficili da scrivere, per me.
A proposito delle immagini, mi ha molto colpito la bellezza dei paesaggi. Ho letto che avete girato in provincia di Messina e di Catania. Quanto hanno aiutato?
Come ti dicevo, io parto sempre dalle immagini, e quando parlo di immagini parlo proprio di suggestioni, anche fisiche. Uno, delle cose che fa, se ne accorge facendole, non è che lo sa prima. Mi sono accorta che se io per esempio non so dove giro una cosa, non conosco il luogo dove la giro, in cui la storia nasce, ancor prima di girarla, se io non ho un luogo fisico in cui contestualizzare la storia, neanche scrivo. Per me il luogo è la prima cosa, come se fosse la base del quadro. Prima ancora di scrivere, quando non avevo bene in mente questa storia, questa traccia di storia, la prima cosa che ho fatto è stata girare con una macchina alla ricerca dei posti e man mano che li trovavo la storia è cresciuta nella mia testa, e poi ad un certo punto l’ho buttata giù. Quindi per me i paesaggi sono fondamentali, non mi piacciono molto i luoghi ricostruiti. Devo sapere dove è ambientata la storia, lo devo sapere veramente, così quando scrivo devo avere almeno nella mia testa la faccia di chi interpreterà quella storia. Quando io ho scritto Endless, sapevo già chi avrebbe interpretato cosa, per me avere l’immagine precisa di cosa girerò, dove girerò, chi saranno le persone, è fondamentale. Poi magari quando vado a girare quella persona non può, però intanto io mentre scrivo devo sapere che ha quella faccia lì. Quindi i paesaggi per me sono parte integrante della storia, una scelta molto precisa, non è casuale o trovata dopo.
Ho letto dei tuoi numerosi studi, quanto pensi ti siano serviti e ritieni importanti, soprattutto adesso che grazie alle nuove tecnologie ci sono sempre più autodidatti, anche amatoriali, in grado di far di tutto e subito?
Allora, io sono figlia di una professoressa e credo in assoluto che serva. Serve sempre studiare, no?, ma serve anche un momento di confronto con i professionisti quando si è giovani. Io questi studi li ho fatti quando ero giovanissima, a volte anche in maniera casuale. Mi spiego, io scrivevo per il teatro, già da qualche anno, avevo 23 anni credo, mi sono imbattuta in questo bando della Rai, per la scuola di sceneggiatura, e ho risposto, incuriosita, non perché pensavo che avrei scritto per il cinema. Poi il caso ha voluto che alla fine mi abbiano preso, e io l’abbia fatta questa scuola, ed è stato un momento molto importante per me, perché ero giovane; sì avevo il talento, però è importante a un certo punto confrontarsi sia con altre persone, che possono essere compagni etc., e, soprattutto, con dei professionisti. Io ritengo sia un passaggio che vada fatto.
L’ultima domanda è sulla scelta del formato delle webseries, e se secondo te avranno sempre più successo d’ora in avanti, trattandosi di un fenomeno in continua espansione?
E’ la solita arma a doppio taglio. A me non piace definirla webseries, è una serie che ha scelto come canale il web. Per esempio, in formula promozionale, la serie verrà proiettata in alcuni cinema, prima dei film, e la qualità video e sonora della serie viene valorizzata, perché comunque è stata girata con degli strumenti professionali. Quando la andiamo a caricare su internet perde di qualità, nonostante la stiamo riuscendo a mantenere abbastanza alta. Al cinema, abbiamo fatto le prove un paio di giorni fa, perché inizierà fra qualche giorno, ovviamente si vede benissimo, molto meglio che sul web. Noi abbiamo scelto il web come canale perché viaggiasse il più possibile senza filtri, potendo fare quello che volevo, e in questo la rete è proprio una cosa magica. Io credo che il web aiuti i giovani autori, i giovani registi, dia una possibilità, e in questo sicuramente avrà successo, perché elimina una serie di filtri che spesso sono un pò rovinosi e macchinosi. Però bisogna stare attenti, perché poi si rischia di fare il contrario.