PARABOLA SULL’AMORE UNIVERSALE, OZON SFIDA OGNI CONVENZIONE
DURATA: 105 minuti
USCITA IN SALA: 19 marzo 2015
VOTO: 4 su 5
Una fiaba contemporanea, una storia d’amore, o meglio, una storia sull’universalità dell’amore. Questo è il tratto distintivo di Una nuova amica, ultimo film di Francois Ozon, nella sale italiane da domani 19 marzo. Di questa fiaba vorrei svelare poco, poiché la bellezza sta nel godersi ogni colpo di scena, ogni risvolto inaspettato.
Ozon, si sa, ama provocare, ma con sorprendente eleganza e grande ironia affrontando un tema attuale, anzi, alla luce della ridicola querelle (per dirla alla francese) Elton John-D&G – è assolutamente imperdibile, tanto che il regista, presentando il film, ha invitato i due stilisti ad andare a vederlo, “per aprirsi un po’”.
Una fiaba, si. Politicamente scorretta, con ingredienti che vanno da Hitchcock ad Almodovar, romantica, sovversiva, incredibilmente vissuta in un contesto assolutamente borghese. Può infastidire, può far sorridere, commuovere, ma di certo non annoiare e non lasciare indifferenti. Tutto inizia da un lutto: ebbene si, dalla morte, nasce una storia così vitale da portare con sé luce e gioco. Temi scottanti: il fenomeno del “travestitismo”, spesso un tabu’ anche per le menti che si credono aperte. Cosa succede se scoprissimo che un nostro amico, o amica, ama travestirsi?
Ozon riesce ad indagare, tramite questo “incidente” l’evoluzione di due personaggi, o meglio, persone, che attraverso un percorso fatto di maschere, tacchi, collant, trucco e parrucco, scoprono se stesse, senza forse il bisogno di “incasellarsi” in una posizione netta e definitiva. Un tema politico, anche se nelle intenzioni del regista non voleva essere un film politico: “Ho iniziato a scriverlo poco prima delle manifestazioni contro i matrimoni gay in Francia, e mi sono accorto che il tema era ancora incandescente, e che inevitabilmente il film avrebbe avuto un risvolto sociale”.
Tratto dal racconto The new girlfriend di Ruth Rendell, tuttavia stravolto nel suo finale, il progetto è rimasto quasi 20 anni nel cassetto. Ozon avrebbe voluto farne un cortometraggio, ma non trovando i fondi, ha rimandato. Ed ha fatto bene, perché ora, nella sua maturità professionale, davvero il film sfugge alle definizioni, così come i suoi personaggi: fiaba, commedia, dramma? Una storia sul desiderio di essere se stessi, di libertà, di sana e umana indecisione. Ci sono l’amicizia, l’amore, i clichè, la borghesia pronta ad accettare tutto purchè non si sappia, il machismo, la paura e il coraggio.
Romain Duris è bravissimo, Anais Demoustier anche, nel suo oscillare tra granitiche apparenti certezze e leggerezza. Bella la fotografia, le musiche. Coraggioso il distributore italiano, Officine Ubu, che compie scelte di qualità che andrebbero premiate dal botteghino. E se già nelle fiabe tradizionali un lupo si traveste da nonna, perché mai un uomo o una donna non si possono travestire, o meglio, vestire, da ciò che sentono di essere?