BAD, FOR THE GREATER GOOD
Due volte. L’anello che decora il pugno batte due volte, in un movimento veloce e automatico su una qualsiasi superficie si trovi davanti al suo padrone in quel momento. Un uomo dal corpo imbolsito, un capello curato portato all’indietro in un taglio classico e preciso. Un vestito elegantemente istituzionale, uno sguardo deciso e penetrante. Lo stesso sguardo che si rivolge con reminiscenze shakespeariane allo spettatore, mentre gli altri attorno a lui sembrano non accorgersi del flusso di coscienza, delle confessioni che come un Riccardo III espone ad un multimediale pubblico in ascolto.
Frank J. Underwood è membro del congresso, e quest’anno lo è per l’undicesima volta. Frank fa parte dell’ala politica dei democratici e ha la fiducia del suo partito, ma la sua sete di potere non si disseta al solo congresso. Lui vuole di più, vuole il potere, quello assoluto, quello che farà la storia. L’occasione si presenterà quando Garrett Walker vorrà candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti d’America, e allora lui si candiderà come artefice e direttore della sua campagna elettorale, chiedendo in cambio la nomina a Segretario di Stato.
La sicurezza, la prontezza non sarebbe la stessa se al suo fianco non ci fosse l’algida compagna di vita. Colei che lo sostiene, lo sopporta e lo compensa. Un rapporto che va oltre qualsiasi semplice sentimento, ogni conosciuta complicità. L’androgina donna dal taglio corto e biondo che da 27 anni è al fianco del marito per costruire qualcosa di grande, qualcosa di ancor più importante dell’amore, Claire Underwood (Robin Wright). Rapporto sugellato da una finestra aperta, dalla quale esce il fumo della loro sigaretta condivisa, l’unica alla fine di una giornata disastrosa, estenuante, la stessa giornata che li avvicinerà al potere tanto agognato.
Kevin Spacey è il magnifico e magnetico interprete di uno dei personaggi più crudeli e amati del palinsesto televisivo americano, Frank J. Underwood. Protagonista dell’osannata serie House of Cards – Gli intrighi del potere, in onda sul canale on demand Netflix.
La peculiarità di questo personaggio si cela dietro la sua enorme complessità. Sarebbe semplicemente riduttivo parlare di lui come un semplice doppiogiochista e affabulatore. Underwood possiede una fascino che confonde e ammalia i suoi nemici e lo spettatore, diventando, a scapito di tutte le sue crudeltà, un protagonista enormemente amato dalle molteplici e oscure facce. Scoprire l’intimità di quest’uomo pubblico, i suoi pochi quanto profondi e peculiari rapporti affettivi, attrae lo spettatore in una spirale di morbosa curiosità che appassiona e non lascia più. Personaggio negativo per eccellenza, inserito in universo inventato sì ma comunque colmo di riferimenti attuali e veri, Frank J. Underwood è la perfetta incarnazione di un’ ipocrisia politica e umana del giorno d’oggi, e metafora di quanto ciò che viene mostrato al mondo dell’opinione pubblica mai corrisponde alla realtà e solo raramente ci si avvicina.
All’inizio del 2011, marzo, era stato dato l’annuncio, Kevin Spacey sarebbe stato protagonista e produttore esecutivo del coraggioso thriller politico. David Fincher, regista di alcuni episodi e produttore esecutivo della serie, volle fortemente Spacey che rimase convinto alla prima lettura, accettando così di tornare in tv dopo più di vent’anni dalla lontana serie Wiseguy. Spacey a giugno dello stesso anno incontrò nella sua carriera un personaggio molto simile al crudele e machiavellico Underwood, ossia Riccardo III, interpretandolo nel riadattamento di Sam Mendes all’Old Vic di Londra. Un duro ed efficacissimo allenamento per il personaggio della serie. Inoltre il personaggio shakespeariano non ha solo macchinazioni prive di scrupoli e fame di potere in comune con Underwood, ma anche il flusso di coscienza condiviso con il pubblico e le sue occhiate complici allo spettatore, elemento che torna più volte nelle opere di Shakespeare.
Finalmente nel gennaio 2015 ottiene il suo primo Golden Globe, dopo le numerose candidature degli anni passati, come miglior attore in una serie televisiva, proprio grazie al ruolo di Frank J. Underwood.
Se l’esordio teatrale è avvenuto nel 1981 con Enrico VI, quello cinematografico avvenne con un piccolissimo ruolo di punk ladruncolo in Heartburn di Mike Nichols assieme ad una giovanissima Meryl Streep.
Qui di seguito il suo esordio nel film di Mike Nichols:
E pensare che suo padre non credeva nella realizzazione del figlio come attore, ma con il tempo dovette decisamente ricredersi. Tanti sono i ruoli che hanno fatto di Kevin Spacey un attore memorabile e conosciuto in tutto il mondo, come il suo primo Oscar come Miglior Attore non Protagonista, per l’innocuo truffatore Verbal Kint de I Soliti Sospetti, l’inquietante assassino di Seven o l’alieno di K-Pax, fino all’oscar di American Beauty di Sam Mendes dove cede alla seduzione della giovanissima compagna di scuola della figlia.
Spacey dopo aver lasciato la direzione artistica dell’Old Vic, del quale ne è stato il direttore artistico fino a pochissimi giorni fa per ben 11 anni, continua a dedicarsi più che mai al cinema e soprattutto alle serie tv. E’ in cantiere infatti un progetto televisivo sulla Casa Bianca che lo vede diretto ideatore e produttore.
E’ la prima volta che Ruoli Cult si sofferma su un personaggio di una serie televisiva, ma in questo caso l’eccezione è d’obbligo perchè House of Cards rappresenta un’opera cinematografica lunga più di 40 ore. E questo sembra essere solo l’inizio per la serie di successo visto che si prospettano ancora altre 8 stagioni ed altrettante campagne elettorali per Frank J. Underwood.
Un incredibile successo economico per il canale streaming Netflix anche se come direbbe Underwood, cosa te ne fai dei soldi quando puoi avere il potere?