GLI INCASSI AL CINEMA CI DICONO CHE LA TERZA GENERAZIONE PESA ANCORA
C’era una volta l’assurda convinzione che – volando verso e dopo la cinquantina – anche le star vivessero un declino inarrestabile. Meno ruoli, specie per le donne, nuovi volti alle calcagna, insomma un vero cammino verso l’oblio – di cui il cinema, in senso di storie e produttivo, ha sempre giocato sicuramente un ruolo chiave. Sono infatti i volti del cinema quelli che diventano icone, che restano nel nostro immaginario anche a distanza di decenni. E così, vedere il buon Richard Gere passare da America Gigolò e Ufficiale e gentiluomo a fare il l’anziano, beh, richiede una certa preparazione.
Ma la società, il mercato, i media, sfornano nuove tendenze a cui ci abitua sempre piu’ velocemente. Riguardando un film del 2005, An Unifinished life (Il vento del perdono – di Lasse Hallstrom) con Robert Redford (classe 1936) e Morgan Freeman (1937) ho potuto fare una riflessione su come, negli ultimi anni, molto cinema abbia proprio “puntato” su questa fascia di età, per fortuna non piu’ considerandola inadatta ad incarnare nuovi eroi ed eroine, spesso molto spassosi e decisamente affascinanti.
Se in questo film Redford e Freeman sono due uomini con qualche acciacco fisico – seppur l’ex golden boy Redford – si rialza e fugge dall’ospedale con due costole incrinate e ammazza di botte lo spasimante della nuora – riescono comunque a rappresentare forza e vigore. Un altro film, cambiando genere, del 2012, Stand up Guys (Uomini di parola – di Fisher Stevens ) vede Al Pacino, Cristopher Walken e Alan Arkin destreggiarsi tra giovani escort e rocambolesche avventure action, tra battute esilaranti proprio sul tema della vecchiaia e del decadimento fisico.
Irresistibile per esempio anche Antony Hopkins in You will meet a tall dark stranger di Woody Allen (2010) in cui alle prese con una nuova moglie un po’ troppo giovane e focosa rischia la vita e torna dalla sua amata ex, una simpatica sessantenne che si era affacciata a nuovi amori. Molte star hanno infatti avuto il coraggio e l’astuzia di dedicarsi a commedie sul tema dell’età e del tempo che fugge, raggiungendo livelli di performance altissimi: è il caso dell’ultimo film di Barry Lavinson con Al Pacino – The Humbling – presentato lo scorso anno al Festival di Venezia e non ancora uscito nelle sale in Italia – in cui Pacino veste i panni di un vecchio attore in declino che non ricorda piu’ le parti a memoria e per rimanere in qualche modo aggrappato alla giovinezza cade nella rete di una ragazza giovane, confusa e incasinata, con cui vivrà momenti di pura inadeguatezza.
Come il gruppo attempato di Last Vegas (2013) dove De Niro, Freeman e Kline si recano a Las Vegas per l’addio al celibato del loro amico d’infanzia Michael Douglas. Il film non rappresenta nulla di eccelso ma racconta bene come il cinema sappia cogliere la sfida di raccontare queste “nuove gioventu’”. Da non dimenticare Marigold Hotel (2012) con un gruppo di attori straordinari capeggiati da Judi Dench, Piu’ profondo, commovente e divertente allo stesso tempo, Le week end (2013, di Roger Michell – regista di Notting Hill) in cui una coppia (Lindsay Duncan e Jim Broadbent) tornano a Parigi per il trentesimo anniversario di nozze e si ritrovano faccia a faccia con la verità.
E se Thelma&Luise ci hanno fatto sognare, fa sorridere Bonneville (Quel che resta di mio marito, 2006) con Jessica Lange Kathy Bates e Joan Allen, lanciate sulla decapottabile rossa con l’urna delle ceneri del marito di una di loro, a riscoprire che l’amicizia non ha età. Insomma, I ragazzi irresistibili (1975 – con w. Mattahu e G. Burns) ha fatto scuola, e aspettando impazienti Youth di Paolo Sorrentino (con Michael Caine e Harvey Keitel), il 30 aprile esce Ritorno a Marigold Hotel con la new entry Richard Gere, possiamo dire “avanti nonnetti”, il cinema è roba vostra.