LA MAMMA STAVOLTA HA GUARDATO A CASA THE DOOR IN THE FLOOR
Capita che la mamma non vada la cinema, specie nella settimana delle vacanze di Pasqua, quando le scuole sono chiuse e i piccoli non vanno a letto presto. Quindi si incrementa la visione di film a casa, nelle ore più improbabili. Film già visti ma che hai voglia di rivedere, film persi al cinema, e anche film mai sentiti nominare, come nel caso di The door in the floor, diretto da Tod Williams (conosciuto per Paranormal Activity) nel 2004.
Tratto dal libro Vedova per un anno di John Irving, il film è un concentrato di situazioni “politicamente scorrette” e piuttosto forti. Jeff Bridges interpreta uno scrittore di successo di libri per bambini, racconti piuttosto inquietanti, che accompagna con illustrazioni altrettanto evocative (le illustrazioni del film sono opera sua). Sposato con una splendida donna – Kim Basinger che toglie il fiato e recita egregiamente – si ritrova in un momento piuttosto difficile dopo la morte dei loro due figli poco piu’ che adolescenti.
Già la partenza è poco rassicurante e promette tensione: la piccola Ruth, ultima figlia di soli quattro anni, è ossessionata dalle foto dei fratelli scomparsi, che osserva e di cui racconta vicende a lei sconosciute. Il volto della piccola è quello di Elle Fenning, già intensa e commovente, tanto che non stupisce vederla ancora in giro in grandi film (Somewhere di Sofia Coppola nel 2010 e Maleficent, in cui interpreta la principessa Aurora).
Il film scorre tra momenti di tensione e dolore, altri di grande leggerezza. Poi arriva il proibito: lo scrittore, già in crisi con la moglie, poiché devastati dalla perdita e dal dolore, ingaggia un giovane assistente per l’estate, aspirante romanziere. Il giovanotto (Jon Foster), attorno ai 17 anni, seduce la bella moglie, ormai abbandonata a se stessa e chiusa nel suo mondo. Sono scene che uno fa anche fatica a guardare, tanto sono fuori dal “socialmente accettabile”. Perché si sa, se un uomo perde la testa per una giovinetta in seguito ad un forte dolore, è passabile, se lo fa una donna, madre per giunta, quanto orrore. Sono la prima a guardare con un certo senso di smarrimento, tanto più che il ragazzo assomiglia ad uno dei figli scomparsi e tutto ciò rende la cosa ancora più torrida. Ma tant’è.
In un film che non è un capolavoro, ma ben scritto e girato con linearità e buon ritmo, queste scelte coraggiose riescono a raccontare la profondità del dolore, della perdita. Provocatorio? Può essere. Così come Diario di uno scandalo, in cui la bellissima Cate Blanchette, insegnante di arte, veniva sedotta da un ragazzino coetaneo di sua figlia, e per questo denunciata, processata e massacrata dalla stampa, per poi essere perdonata dal marito. Quali che siano i confini della “correttezza”, le storie estreme sono nel cinema un pretesto per raccontare l’infinita varietà di reazioni della mente e del cuore umani, e spesso funzionano. Arrivano al punto.
Per le mie coetanee però, sono pronta a scommetterci, tra il giovanotto e Jeff Bridges, non c’è partita: Drugo, con quei camicioni lunghi fino ai piedi e i capelli spettinati, è irresistibile.