Lost in Translation: il gioiello di Sofia Coppola

FILM DELIZIOSO DALL’INASPETTATO SUCCESSO DI PUBBLICO E CRITICA

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Sembra che dica molto, moltissimo eppure la mia interprete si riduce a poche e striminzite parole. E io ho come la netta sensazione di perdermi qualcosa nella traduzione. Seduto su questa grande poltrona di questo altrettanto grande set ho dei grossi dubbi sulle indicazioni che questo dinamico, quanto entusiasta, regista nipponico abbia da riferirmi con tale violenza.
Eppure dovrei trovarmi su qualche vero set a recitare, invece di stare qui a promuovere un whisky per la smodata cifra di 2 milioni di dollari in un paese lontano anni luce dal mio.

Più o meno questo è quello che passa per la testa di Bob Harris (Bill Murray), star della tv americana che per una pubblicità è costretto a crogiolarsi in un tempo vuoto nella dinamica e tecnologica Tokyo. Nello stesso hotel, dove viene servito e riverito, si trova anche Charlotte (Scarlett Johansson) appena laureata in filosofia a Yale, impegnata a seguire il novello marito tutto preso dal lavoro di fotografo. Non ha molto da fare neanche lei, che passa il tempo chiamando a casa presa dai rimpianti e ascoltando cd con strane teorie sull’anima.

I due inevitabilmente s’incontrano, si conosco e scoprono che la loro conoscenza può essere più che un semplice diversivo in una noiosa trasferta in un paese straniero. In un posto dove comunicare con gli altri presenta molte difficoltà, sia che lo si faccia con un familiare al telefono lontano tutti quei chilometri, sia che avvenga con un aggressivo regista dalla lingua incomprensibile, tra loro comunicare è fin da subito immediato e semplice, un’alchimia dove nulla va perso nella traduzione, Lost in Translation.

Lost in Translation, è un titolo evocativo di tutte quelle sfumature che si perdono spesso con le traduzioni, ma in questo caso non sono le uniche perdite. Si perde del tempo, ci si perde nel tempo e spesso anche con chi parla la stessa lingua si ha difficoltà a comunicare, a cogliere le piccole e le grandi sfumature. I protagonisti persi in questo tempo insonne, se non fermo per lo meno rallentato, sono impersonati da Bill Murray e Scarlett Johansson. Due ruoli differenti dai tanti interpretati prima da entrambi. In questo film del 2003 Bob Harris è uno dei primi ruoli drammatici per lui, nel quale si ritrova ad esprimere con malinconico umorismo l’insoddisfazione di una vita agiata senza più stimoli. Murray cambia così il suo registro e si mostra al pubblico americano non più solo come semplice attore comico, ma come interprete dalla grande sensibilità, una sensibilità che gli porterà un Golden Globe e una nomination agli Oscar.

Per la Johansson è l’inizio di una serie di successi che la consacreranno nuova diva del cinema Hollywoodiano ottenendo poco dopo il ruolo di protagonista al fianco di Colin Firth, ne La ragazza con l’orecchino di perla. Lost in Translation rappresenta per l’attrice Newyorkese il passaggio, il ruolo di transizione da ruoli di semplici teenager a quelli di giovane donna, lei che a 19 anni interpreta una venticinquennne da poco laureata.

Film4lIfe blockbustermemoriesDiretto da Sofia Coppola, Lost in Translation è stato un incredibile e inaspettato successo, di pubblico e critica. Premiata dall’Academy per la miglior sceneggiatura originale, la figlia d’arte firma il suo secondo lungometraggio dopo Il giardino delle vergini suicide. Una seconda opera che mostra le sue doti di autrice e regista a scapito di quelle attoriali, giustamente più volte criticate. L’autrice, rimasta impressionata dalla solitudine, e dall’isolamento di questa città così disorientante, dove il jet lag è una vera tortura, aveva sempre avuto in mente Bill Murray come protagonista e notò la giovanissima Scarlett nel film Manny & Lo. I due non hanno così mai dovuto fare un provino prima del film.

Sofia Coppola ironizza, senza troppo focalizzarsii, sul mondo del cinema e dell’apparenza,  raccontando con delicatezza e armonia due piccoli e tragici drammi personali. Due crisi differenti.  Due esistenze bloccate entrambe. E se una lo sarà per una scelta ancora da fare e l’altra per una scelta compiuta, e forse sbagliata, entrambe si sfioreranno e daranno inizio ad un primo e sincero dialogo dove non vi sarà bisogno di alcuna traduzione.

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