TUSK, L’ULTIMO FOLLE LAVORO DI KEVIN SMITH
DURATA: 102 minuti
VOTO: 4 su 5
Tusk racconta la storia di Wallace è il presentatore radiofonico del popolare podcast “The-Not-See-Party” (lo spelling è fondamentale, pronunciatelo a voce alta e capirete facilmente il perché), ed è volgare, ironico e narcisista, riprendendo in pieno lo stile che tanto va di moda nei tempi recenti. Particolare modo di proporsi che, infatti, gli ha donato la fama, trasformandolo da sfigato nerd, come lui stesso si ricorda alla sexy compagna Ally, a piacente idolo del web.
Per intervistare lo sfortunato protagonista di un tragico quanto divertente video su internet, viaggia in Canada, lasciando temporaneamente la ragazza nelle mani del fidato amico e compagno d’avventure Teddy. Tra spassosi stereotipi ed immancabili prese in giro ai “vicini di casa”, Wallace si ritrova però con un buco nell’acqua. A salvarlo, apparentemente, un annuncio nel bagno di un bar, proveniente da un certo Howard Howe, che offre il racconto delle proprie mirabolanti, a suo dire, storie di vita in cambio di un po’ di compagnia nella sua lussuosa villa. Ma Howard Howe non è affatto ciò che afferma di essere, e il ragazzo ne farà le spaventose spese. Dopo la sua scomparsa, sulle sue tracce si catapultano Ally e Teddy, avvicinati dalla precedente condotta lasciva di Wallace, con l’aiuto dal curioso e strambo investigatore Guy Lapointe.
Nel ruolo del protagonista troviamo Justin Long, già più che avvezzo al genere della commedia (Dodgeball), decisamente inusuale, invece, nella disturbata piega horror che il film intraprende da un certo punto in poi. Così, nella parte dello psicopatico ed inquietante Howard Howe un Michael Parks, lui sì, decisamente a proprio agio. Basta ricordare, a tal proposito, la sua precedente collaborazione con lo stesso Smith nel controverso Red State. Teddy, intanto, è un redivivo Haley Joel Osment (sì, il bambino del Sesto senso), mentre Ally è l’attrice, con origini sudamericane, Gènesis Rodrìguez Pèrez. Per ultima, certo non per importanza, ed accreditata proprio col nome di Guy Lapointe, si registra la formidabile e irriverente performance di Johnny Depp. Nel film fanno anche il loro rispettivo esordio, poi, le figlie del regista e dello stesso Depp.
Tusk, in inglese, significa “Zanna”. Il titolo originario doveva essere “The Walrus and the Carpenter”, poemetto nonsense di Lewis Carroll, ma Kevin Smith, che scrive e dirige la pellicola, si è poi detto consapevole su come un film su un “tricheco” poteva essere considerato. Ma il gioco con la natura animalesca dell’uomo resta comunque ben presente nella sua opera. Ovviamente il regista di memorabili cult come Clerks, In cerca di Amy o Dogma la tratta a modo suo, con una messa in scena spiazzante e folle, tipica del suo cinema.
Il film, infatti, sembra quasi partire come una favola, sull’onda degli aneddoti incredibile della vita straordinaria di un uomo che ha conosciuto Hemingway ed è stato salvato, dopo un naufragio, da un tricheco, sulla linea di opere come Forrest Gump, Vita di Pi o del Big Fish di Tim Burton. Ma questo, solo nella prima illusoria mezz’ora, perché la storia intraprenderà, come detto, una deriva del tutto sconvolgente e spaventosa, in un racconto di terrore e prigionia molto più consoni, invece, a prodotti mai dimenticati come Misery deve morire. Se c’è una cosa, d’altronde, che caratterizza Smith è la sua totale poliedricità, che gli permette di spaziare tra un genere e l’altro, senza mai abbandonare il suo particolare stile irriverente e sopra le righe.
The Walrus and the Carpenter è anche la registrazione del programma “SModcast” dove si è consumata l’iniziale idea per il film, condotto dallo stesso Kevin Smith. Successivamente, tramite un sondaggio proposto agli ascoltatori, con gli hashtag #WalrusYes o #WalrusNo, la realizzazione della pellicola ha poi visto la luce. Tusk dovrebbe anche essere il primo di una cosiddetta “True North Trilogy”. Il film è stato presentato in anteprima al Toronto International Film Festival e al Festival Internazionale del film di Roma, entrambi nel 2014.
Il responso della critica è stato contrastante, come, d’altronde, testimonia il basso successo al botteghino. Pur non avendo trovato distribuzione nel nostro paese, sorte toccata del resto anche al suo ultimo dissacrante Red State, non dubitiamo che i fan del geniale autore americano, troveranno il modo comunque di reperirlo. Noi, quindi, lo consigliamo anche a chi magari lo conosce meno, con una cruciale premessa: probabilmente non sarà niente di ciò che vi potreste aspettare, e, magari, evitate di mangiar pesante prima della visione.
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