INCONTRIAMO L’AUTORE DI ARANCIA MECCANICA CHE ISPIRÒ KUBRICK
Anthony Burgess nasce nel 1917, in uno dei sobborghi di Manchester. Per evadere con la fantasia da un’infanzia solitaria, costellata da perdite e trasferimenti, sin da piccolo legge moltissimo, affrontando anche temi e romanzi concepiti per un pubblico molto più adulto. La sua vera passione però, si rivela la musica: ancora bambino, ascoltando distrattamente la radio rimane folgorato da un assolo di flauto.
Alla fine del pezzo, quando l’annunciatore spiega che si trattava del Prélude à l’après-midi d’un faune di Claude Debussy, Burgess decide di diventare un compositore. Purtroppo, il dipartimento dedicato alla musica dell’Università di Manchester rifiuta la sua candidatura, ma Burgess ripiega sullo studio della lingua e della letteratura inglese, scoprendo di essere dotato tanto per la scrittura quanto per la musica.
Sebbene oggi sia ricordato soprattutto per la sua attività letteraria, Burgess sfruttò ugualmente entrambi i suoi talenti per tutta la vita, ottenendo numerosi successi anche come compositore. Su quale fosse la sua vera passione però, non resta alcun dubbio: «I wish people would think of me as a musician who writes novels, instead of a novelist who writes music on the side».
Il suo desiderio risulta comprensibile soprattutto se si pensa al romanzo che lo rese celebre in tutto il mondo. Nel 1985, paragonando il suo successo a quello de L’amante di Lady Chatterley (forse il romanzo meno riuscito di Lawrence, ma sicuramente il titolo a cui rimane legato nella memoria dei lettori), Burgess commentava con rassegnazione: «The book I am best known for, or only known for, is a novel I am prepared to repudiate: written a quarter of a century ago, a jeu d’esprit knocked off for money in three weeks, it became known as the raw material for a film which seemed to glorify sex and violence. The film made it easy for readers of the book to misunderstand what it was about, and the misunderstanding will pursue me till I die».
Arancia Meccanica, pubblicato nel 1962, racconta un futuro distopico dominato dalla violenza e dalla manipolazione del pensiero. Le vicende del suo protagonista, Alex, pochi anni più tardi vengono trasposte sul grande schermo da Stanley Kubrick e, grazie al genio immaginifico del regista, entrano a far parte della storia del cinema e dell’immaginario collettivo. La sceneggiatura però, basata sull’edizione americana del romanzo, risulta mutilata dell’ultimo capitolo in cui Alex, raggiunta l’età adulta, riflette sui crimini commessi in gioventù e si pente sinceramente.
Benchè Burgess avesse instaurato un buon rapporto con Kubrick durante le riprese e avesse beneficiato ampiamente del successo del film, non accettò mai, tra le conseguenze della sua collaborazione con il regista, le numerose critiche che vedevano nella storia una glorificazione e una estetizzazione della violenza. Soprattutto perchè lui stesso aveva vissuto in prima persona l’insensatezza della ferocia umana e le assurdità del rigore legislativo: durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre era di stanza a Gibraltar, quattro disertori americani penetrarono in casa sua e picchiarono e violentarono la moglie. Venuto a conoscenza dell’accaduto, Burgess non riuscì ad ottenere un permesso per raggiungerla.