“IL PICCOLO PRINCIPE, OPERA CHE APPARTIENE ALLA VITA DI OGNUNO”
Non è facile trasporre sul Grande Schermo Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry perché è un libro che appartiene all’educazione sentimentale di ogni bambino passato e presente. Non è un caso che, dopo la Bibbia, Il Piccolo Principe sia l’opera più venduta al mondo (145 milioni di copie) e più tradotta (250 lingue). In tanti hanno provato a rendere settima arte la storia del Piccolo Principe e l’unico ad esserci riuscito in maniera degna, sino ad oggi, è Stanley Donen col suo lungometraggio de 1974. Mark Osborne, il regista di Kung fu Panda, ha provato a suo modo a prendere in mano le avventure del bambino più amato del mondo e a trasporle nuovamente. Osborne è riuscito nell’intento di mantenere intatta la magia dell’opera di Saint Exupery nel suo lungometraggio pur dando alla narrazione una chiave moderna grazie principalmente all’uso di tecniche differenti (stop motion e computer graphic innanzi tutto) e con la trovata di collocare la storia in una contesto contemporaneo che faccia da cornice all’immaginifico viaggio del protagonista.
Mark, per ognuno di noi Il Piccolo Principe ha un significato diverso. Qual è il suo? Per me questo libro ha un significato enorme: me lo aveva regalato mia moglie quando abbiamo iniziato a frequentarci al tempo del college. Sono consapevole della magia contenuta in queste pagine. Perciò ho deciso di costruire intorno alla storia principale una vicenda più grande che preservasse il cuore e l’incantevole freschezza dell’originale.
Perché ha deciso di dirigere una storia su un’opera tanto amata? All’inizio del 2009 il mio agente mi aveva chiamato per avvertirmi che c’erano due produttori francesi (Dimitri Rassam e Aton Soumache) intenzionati a portare la storia sul grande schermo e volevano un cartoon. In un primo momento ho rifiutato. Poi ho iniziato a lavovarci ma senza troppe speranze: non riuscivo a trovare la chiave per trasformare il libro in film. Il Piccolo Principe ha una dote speciale perchè appartiene alla vita di ognuno. All’inizio in testa avevo due obiettivi: convincere il pubblico che lo ama e farlo scoprire a coloro i quali non lo conoscono.
Lavorare con due tecniche diverse, specialmente se una delle due è lo stop motion, non è semplice… Per arrivare in fondo al progetto mi ci sono voluti otto anni di lavoro. Volevo mantenere un sapore artigianale e per farlo ho utilizzato tecniche di animazione differenti. La computer graphic mi è servita per lavorare sul presente, e lo stop-motion per i frammenti estratti dal libro, in modo da dare il giusto valore alle famose illustrazioni di Saint-Exupéry che risulteranno familiari ai lettori. Questo modo di procedere ha praticamente raddoppiato il lavoro dato che ho dovuto far interagire due troupe e in contemporanea.
E’ vero che la voce del Piccolo Principe è quella di suo figlio? Sì, la voce del piccolo principe appartiene a mio figlio Riley che aveva 11 anni quando ho realizzato il film ed era perfetto per il ruolo. Sono poi estremamente soddisfatto della scelta delle voci: Marion Cotillard, James Franco, Benicio Del Toro, Jeff Bridges, Paul Giamatti, Foy Mackenzie hanno aderito in modo entusiasta al progetto e sono davvero magnifici.