L’ULTIMO FILM DI LOUIS MALLE CON ANDRÉ GREGORY, WALLACE SHAWN E LA MOORE
Vanya on 42nd Street nasce come esperimento teatrale molto prima dell’uscita del film, realizzato nel 1994. Per anni il regista André Gregory e i pochissimi attori coinvolti si incontrano saltuariamente per provare, improvvisare e riflettere sull’opera di Anton Chekhov Zio Vanya, adattata dal brillante sceneggiatore David Mamet. Lo scopo è quello di ricondurre la vicenda, liberata da costumi, scenografie e qualsiasi contestualizzazione storica, ai sentimenti universali che animano i personaggi.
Gregory inizia a considerare la possibilità di ammettere un pubblico a queste rappresentazioni soltanto quando gli viene mostrato l’allora chiuso Victory Theathre sulla 42esima strada: l’ambiente del vecchio teatro gli appare adatto per conservare l’autenticità del lavoro svolto, così che l’opera non diventi una “messa in scena” ma possa restare uno scorcio di vita reale. Per non rischiare di rovinare i risultati ottenuti durante le prove però, attori e regista raggiungono un compromesso e insieme programmano una serie di dodici incontri, a cui ogni membro del cast potrà invitare solo due amici intimi.
Concluse queste serate, l’entusiasmo degli spettatori privilegiati li convice a prolungare la programmazione per altre cinque settimane, raddoppiando il numero degli ospiti ammessi. Tra i fortunati assistono all’opera Robert Altman, Mike Nichols, Susan Sontag e Luis Malle, il regista con cui André Gregory e Wallace Shawn avevano girato nel 1981 My dinner with André. È Gregory stesso a concepire il progetto di documentare lo spettacolo e a trovare i fondi necessari per il film, che Malle accetta di dirigere nonostante i suoi problemi di salute.
Le riprese si svolgono però in un altro teatro della 42esima strada: il New Amsterdam Theather. In disuso da quasi un decennio e invasa dalla polvere, la grandiosa sala conserva nonostante tutto il suo antico fascino, offrendo con i suoi vasti spazi illuminati solo da poche lampade una perfetta e suggestiva ambientazione. Mentre scorrono i titoli di testa vediamo emergere attori, regista e pubblico dalla folla newyorkese, per passare dal rumore della strada al silenzio raccolto del teatro.
Lo spettacolo inizia senza che lo spettatore quasi se ne accorga. Le chiacchiere della compagnia affiatata si trasformano con naturalezza nelle battute dell’opera di Chekhov e Wallace Shawn, che si era steso un attimo per riposare gli occhi, si risveglia come zio Vanya, il responsabile, insieme alla nipote, della tenuta di Serybryakov, il marito della sua defunta sorella. La vicenda ha inizio dopo che Serybryakov è tornato alla tenuta insieme alla sua seconda moglie, la giovane e bellissima Yelena, sconvolgendo la tranquilla routine della casa, dei suoi abitanti e dei personaggi che gravitano intorno ad essa.
All’altezza delle straordinarie interpretazioni da parte di tutti i protagonisti poteva esserci solo la cura per le inquadrature di Louis Malle. Ogni sequenza incastona perfettamente dialoghi e monologhi in un susseguirsi di piani ravvicinati, rappresentando la storia ora da un punto di vista di uno spettatore imparziale, ora prendendo in prestito lo sguardo di uno degli attori in scena. Il compito di scandire il passaggio dei tre atti viene invece affidato a brevi didascalie, sussurrate da Gregory al pubblico scelto.