Fuorigioco: un lungometraggio indie di Carlo Benso

L’OPERA PRIMA CHE RACCONTA IL PRECARIATO E LA DISOCCUPAZIONE

Fuorigioco_locandinaMetafore calcistiche e letterarie ispirazioni kafkiane riescono sorprendentemente a trovare un punto d’incontro nel coraggioso esordio dietro la macchina da presa del cinquantaseienne Carlo Benso. Fuorigioco parte infatti dall’idea di rappresentare il trovarsi in una posizione “irregolare” nella società odierna, senza alcuna possibilità di poter quindi né “avanzare” né tantomeno “tornare indietro”, condividendo quella condizione esistenziale, e nichilista, descritta ne Le metamorfosi di Kafka, appunto.

Non a caso il personaggio protagonista della pellicola porta il nome di Gregorio Samsa, proprio come quello ideato dal celebre scrittore austriaco. In Fuorigioco Gregorio è un cinquantacinquenne che da anni lavora per un azienda, per la quale si considera un vero pilastro. Da un giorno all’altro però, a dispetto di ciò che pensa, viene licenziato. L’improvvisa disoccupazione lo svuota di tutte le sue certezze e della voglia di vivere, tanto da “trasformarlo” in un uomo depresso e paranoico, convinto di esser stato vittima di un complotto per fargli perdere il posto di lavoro, e afflitto costantemente da incubi notturni. Una spirale di pensieri che lo porteranno ad allontanarsi da amici e dagli affetti più cari, fino a distaccarsi dalla realtà stessa e preda di oniriche e inquietanti visioni ad occhi aperti.

Interpreta l’uomo-simbolo della crisi e della disoccupazione di oggi l’attore Toni Garrani, mentre nel ruolo dei compagni consolatori, Pino ed Enrico, troviamo rispettivamente Nicola Pistoia ed Enrico Licata. A completare il quadro dei suoi affetti e delle sue “ossessioni”, dalla moglie al vecchio capo dell’azienda, fino all’avvenente vicina di casa, tra gli altri, Crescenza Guarnieri, Maurizio Bianucci e Azzurra Rocchi. Se il cast è formato da professionisti, la realizzazione del film parte invece da un’autoproduzione del tutto indipendente, con una troupe formata da giovani appena diplomati in diverse scuole di cinema e pronti a mettersi alla prova.

A rendere concreto il progetto del regista in erba (solo cinematograficamente, vista la sua consolidata esperienza in campo teatrale) Carlo Benso di portare sullo schermo “un racconto (sceneggiato da lui stesso, ndr) non solo di denuncia sociale, ma metafora di un sistema ormai obsoleto e incapace di rinnovarsi”, come racconta al sito Close-Up, la casa di produzione Rio Film, la quale ha fornito il suo cruciale apporto tecnico e organizzativo. Fuorigioco s’inserisce in quel filone che cerca di sviscerare, purtroppo non sempre così approfonditamente come si dovrebbe, la frustrazione sociale che attanaglia così tanti cittadini del nostro paese, con una crudezza e una rabbia disarmante nel suo essere altrettanto vicino alla realtà odierna.

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